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martedì 16 ottobre 2012
Autorità Palestinese e Israele tornano ad incontrarsi
Una riunione riservata, avvenuta in Giordania, tra il Presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, ed il ministro della difesa israeliano, Ehud Barak, avrebbe riguardato la possibilità di riallacciare i contatti tra le due parti, in vista di una possibile ripresa dei colloqui di Pace. E' dal settembre 2010, che i colloqui ufficiali sono sospesi a causa del rifiuto di Tel Aviv di bloccare gli insediamenti dei coloni israeliani sui territori della Cisgiordania. Ai colloqui avrebbe assistito il Re di Giordania, che avrebbe anche ricoperto il ruolo di mediatore. La Giordania è ormai l'unico paese arabo ad avere contatti formali con Israele ed è ritenuto da questi praticamente un alleato, tanto da pensare al coinvolgimento della nazione giordana nella strategia di un possibile attacco all'Iran, che dovrebbe comprendere il benestare per il sorvolo dello spazio aereo giordano all'aviazione militare di Tel Aviv, diretta a colpire gli obiettivi sensibili iraniani. Ma la Giordania è anche un alleato americano, ritenuto di fondamentale importanza strategica per la sua posizione. Queste due certezze potrebbero delineare che dietro l'incontro tra ANP ed Israele, non ci sia soltanto la volontà di pacificare l'area da parte del monarca giordano, ma qualcosa di più. La necessità di chiudere o perlomeno di sistemare in modo sostanziale la questione palestinese, almeno per la parte inerente alla Cisgiordania, potrebbe essere una necessità di natura politica ormai improcrastinabile per Israele, se l'attacco all'Iran fosse ormai imminente. Quella proposta ad Abbas è una soluzione che prevede il ritiro unilaterale dalla Cisgiordania da parte di Israele, tuttavia senza la definizione chiara e certa dei confini tra i due stati. E' proprio questo che non convince il Presidente dell'Autorità palestinese, che punta al riconoscimento del proprio stato con una delimitazione fissata e riconosciuta da Tel Aviv. In effetti la proposta israeliana, sebbene contenga elementi di novità, che segnerebbero, se attuati, passi avanti di indubbio valore nel processo di pace, proprio per la sua non completa certezza sulla definizione dei confini, lascia adito a sostanziosi dubbi sulla reale intenzione di definire la questione, quanto piuttosto sia tesa a soddisfare una volontà contingente dello stato israeliano, derivante dalla necessità di dimostrare ai governi arabi, una intenzione di dare una soluzione al problema palestinese. La ragione politica che sta dietro a questa mossa è quella di fornire ai vari governi di matrice sunnita, ma pur sempre arabi, una argomentazione che possa attenuare le reazioni popolari ad un attacco contro Teheran. Se pubblicamente, infatti, stati come l'Arabia Saudita e gli altri paesi del Golfo Persico, non possono appoggiare un'azione militare contro l'Iran, stato pur sempre musulmano, da parte israeliana, la possibilità di danneggiare il maggiore regime teocratico scita è una eventualità che giocherebbe tutta a loro favore.
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