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giovedì 29 novembre 2012

Il cambiamento egiziano, pericoloso precedente nelle primavere arabe

La successione temporale, tra l'importante ruolo di mediazione giocato nel conflitto tra Hamas e lo stato di Israele, ed il cambiamento di atteggiamento verso le regole democratiche, assunto dal presidente egiziano Mursi, non sembra affatto casuale. Il sospetto è che la massima carica del paese delle Piramidi, abbia sfruttato un momento di grande favore da parte dell'opinione pubblica internazionale, per mettere in atto un cambiamento che non poteva non essere stato pensato precedentemente, ma che la crisi della striscia di Gaza ha soltanto accelerato nella sua realizzazione. D'altra parte la decisione di emanare il decreto tanto contestato, che rende le decisioni di Mursi inappellabili, non pare trovare motivazione alcuna, se non quella di interrompere lo sviluppo democratico iniziato con la primavera araba e culminato con le elezioni, che hanno proclamato proprio Mursi alla carica presidenziale. Quella che manca è una causa oggettiva e reale che abbia determinato la promulgazione di una legge di tale tenore, se non il compimento di un disegno tendente a riportare il paese, sostanzialmente ad uno stato di regime. Il significato della disposizione regala alla carica di presidente egiziano, poteri addirittura superiori a quelli detenuti dal deposto Mubarak ed il carattere di temporaneità, addotto da Mursi come una delle scuse usate per contrastare le proteste, non giustifica l'instaurazione di disposizioni così liberticide. Neppure la volontà proclamata di arrivare ad un dialogo nazionale tra tutte le forze politiche per giungere ad una intesa nazionale sulla Costituzione, può rappresentare un valido argomento a sostegno della via scelta, che imbocca una strada del tutto opposta a quella democratica. Il risultato è ora quello di un paese spaccato in due, con il funzionamento della giustizia paralizzato dallo sciopero della magistratura, a cui Mursi ha cercato di porre rimedio sostituendo il più alto funzionario in carica, con un uomo di sua fiducia. Così piazza Tahrir è tornata a riempirsi di dimostranti, sostanzialmente contrari alla fratellanza musulmana, il partito al governo, di cui Mursi è espressione. Lo svolgimento della vicenda, ben lontana da una conclusione, porta ad amare riflessioni sui reali sentimenti, verso la democrazia, dei partiti confessionali, come purtroppo temuto da più parti. La mancata affermazione delle formazioni laiche, rischia, che i peggiori timori, circa la reale propensione ad un sereno dibattito sulle regole della vita dello stato, da parte dei partiti di orientamento musulmano si avverino con tragica puntualità. La lotta che si sta combattendo per l'elaborazione della legge fondamentale del paese ha preso una piega dove i musulmani hanno gettato la maschera e non intendono tenere conto delle istanze delle minoranze (principalmente i laici ed i cristiani), portando avanti un progetto quasi teocratico palesemente in contrasto con il rispetto di tutte le parti in causa. Nei prossimi giorni, proprio Piazza Tahrir, luogo simbolo della lotta contro il dispotismo, sarà teatro di una manifestazione organizzata dai Fratelli Musulmani a sostegno del Presidente Mursi, sarà quello il momento cardine per capire la reale direzione che la parte al potere vorrà prendere. L'impressione è di essere di fronte ad un progetto di instaurazione della legge islamica in un paese tutt'altro che in accordo su questa via. La realtà sembra essere quella di una nazione che si avvia dal dispotismo laico di Mubarak ad un dispotismo confessionale, che, ai fini della democrazia, non muta la sostanza della pressione oppressiva sulla popolazione. Se è vero che la salita al potere dei partiti confessionali si è svolta in maniera democratica, lo svolgimento della vicenda pare attestarsi su di un esercizio di questo potere contraddistinto dall'abuso e dalla forzatura. L'atteggiamento di Mursi rivela però, la chiara paura di una affermazione di valori che possano mettere in discussione l'orientamento verso i precetti islamici tradotti da regole religiose in disposizioni civili. Questo aspetto è molto importante, perchè Mursi ha sempre professato una elaborazione e la conseguente applicazione delle leggi, slegata dagli aspetti confessionali, assicurando più volte, che la salita al potere di una formazione religiosa non era in contrasto con i principi democratici universali. Ciò non sta però ora avvenendo, non è chiaro se Mursi agisca di propria volontà compiendo un personale disegno o, più probabilmente, è in accordo con quella parte di mondo islamico, di cui è esponente, portatore di una visione ristretta alla dimensione confessionale della vita politica e sociale del paese. In ogni caso il tradimento è evidente, sia di fronte alla totalità della nazione, che attendeva un miglioramento sostanziale rispetto alla precedente condizione, sia di fronte al panorama internazionale, che pensava alla nazione egiziana come esempio per altri paesi, proprio per l'importanza storica del paese. Difficile non prevedere che le relazioni con l'occidente potranno subire un irrigidimento tutt'altro che positivo, sopratutto, pensando al ruolo egiziano in medio oriente, ma è questa, al momento l'unica speranza dei dimostranti contro il presidente egiziano: l'azione di convincimento delle cancellerie occidentali alla ripresa del percorso democratico così maldestramente abbandonato.

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