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venerdì 23 novembre 2012

La Cina nuovo protagonista nel Medio Oriente

Una delle novità più importanti emerse dalla fine dei recenti combattimenti tra Israele ed Hamas, avvenuti nella striscia di Gaza, è il nuovo ruolo che la Cina sta cercando di ritagliarsi nelle questioni medio orientali. Pechino è stata sollecitata dagli arabi, in particolare dal piccolo Partito Comunista Palestinese, ad intervenire con un ruolo di mediazione per la soluzione del conflitto e lo ha fatto, sbilanciandosi, dalla parte dei palestinesi. Questo sostegno implica un dialogo privilegiato con il movimento che ha il maggior peso politico nella striscia di Gaza. Per Hamas, del resto, avere un sostegno direttamente all'interno del Consiglio di sicurezza, può rappresentare un bilanciamento allo stretto rapporto di cui gode Israele con gli Stati Uniti. Se ciò si verificasse, i rapporti di forza all'ONU potrebbero cambiare radicalmente a danno di Tel Aviv, che vedrebbe compromessa la sua libertà di azione, che ha ottenuto ben poche condanne, in funzione di possibili future censure, come ad esempio sul tema degli insediamenti dei coloni. Il cambiamento di Pechino, circa il suo consueto approccio alla poltica estera, che ha finora previsto la non ingerenza negli affari interni degli stati come regola di comportamento, potrebbe significare una svolta epocale nel panorama internazionale ed il primo segno tangibile della volontà di esercitare attivamente un ruolo da grande potenza. La questione israelo palestinese, costituirebbe una buona occasione per cimentarsi in una contesa da troppi anni irrisolta, con un ruolo da protagonista. La posizione ufficiale cinese è quella di sostenere l'efficacia della tregua, in una maniera non neutrale; infatti Pechino, pur esortando entrambe le parti al cessare il fuoco, ha messo particolare enfasi per fermare l'azione israeliana, ritenuta troppo violenta. Vi è anche un altro elemento che fa pendere la preferenza cinese verso i palestinesi ed è il pieno appoggio alla domanda di adesione dello stato della Palestina come membro osservatore presso l'ONU. Questo cambiamento di atteggiamento della Cina, forse già frutto del nuovo corso uscito dal recente congresso, non potrà che determinare contrasti con l'amministrazione americana, principale alleato di Israele e unica potenza estera ad agire nell'area. Delle possibili e probabili reazioni americane non possono non essere consci i dirigenti cinesi, la mossa di Pechino non può essere casuale, se la Cina ha messo in conto complicazioni diplomatiche, deve, per forza, avere valutato di trarre sviluppi positivi. Le valutazioni cinesi possono essere sia della già citata volontà di perseguire un ruolo di grande potenza, sia di avere solidi argomenti per i futuri rapporti che intende allacciare con il mondo arabo. Le questioni economiche sono molto spesso alla base delle azioni cinesi e la volontà di stringere sempre nuovi accordi con i maggiori produttori di petrolio potrebbero avere causato la virata verso la causa palestinese, da sempre al centro dei sentimenti dei paesi arabi. Tuttavia giudicare soltanto sulla base degli interessi cinesi i possibili sviluppi della nuova situazione che si sta andando a creare può essere riduttivo. La presenza di un soggetto così importante, sia nell'area, che nella questione a livello politico, potrebbe favorire un dialogo più equilibrato, che potrebbe convenire anche all'amministrazione americana non proprio in sintonia con il governo di Tel Aviv. Quello che potrebbe accadere con la presenza cinese potrebbe favorire un processo di pacificazione più duraturo che potrebbe consentire di mettere lel basi alla costruzione della nazione della Palestina, finalmente come stato indipendente.

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