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giovedì 15 novembre 2012
Lo sciopero europeo ed i suoi significati
Una Unione Europea che è partita, questa volta dal basso. Rimane questo il senso più profondo dello sciopero che ieri ha attraversato alcuni paesi del vecchio continente, contro le misure draconiane adottate contro un debito pubblico costruito in maniera distorta e che ha favorito gli istituti bancari ed i grandi capitali. Come si sa le misure scelte per combattere questa situazione debitoria, che ha trascinato i paesi del sud europa in una situazione di grave crisi, sono state prese a carico delle classi medio basse con l'innalzamento inconsulto della pressione fiscale congiuntamente alla riduzione del welfare pubblico, con il conseguente impoverimento generale della gran parte della popolazione. Sono stati, cioè, materialmente addebitati i costi di anni di scelte sbagliate ed avventate a quella parte del tessuto sociale che già durante la loro attuazione ne aveva iniziato a pagare le conseguenze. Questa scelta, univoca di tutti i governi coinvolti, fatta su indirizzo della Germania e della subalterna Unione Europea, ha letteralmente sovvertito la ragione d'essere stessa dello stato moderno in quanto tale. Con queste politiche il cittadino è regredito nei suoi diritti ad uno stato di sudditanza che nulla ha a che vedere con la moderna concezione dell'ordinamento statale democratico. La ragione del pagamento delle tasse, che doveva avvenire per contribuire al corretto funzionamento dello stato, inteso come organo supremo della comunità nazione, ma anche per ricevere in cambio servizi adeguati, nella sicurezza, nella sanità, nell'istruzione ed in tutti gli altri ruoli di competenza dell'amministrazione statale, viene stravolta per assolvere ad una funzione quasi esclusivamente riparatoria di ammanchi generati per distrazione di denaro pubblico, causa incapacità o malafede. A poco valgono le offensive giustificazioni di chi dice che le popolazioni coinvolte in questo processo hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità, ciò rappresenta una menzogna assoluta facile da smentire con i dati economici dei periodi passati, contraddistinti da valori comunque già elevati di diseguaglianza sociale dovuta alla scarsa redistribuzione della ricchezza ed alla presenza di tassi di disoccupazione e precariato già preoccupanti. Se le piazze spagnole, portoghesi, francesi, italiane e greche si sono riempite, con eccessi minoritari senz'altro da condannare, il significato è che la base della cittadinanza di questi paesi, passata la fase dello sconcerto per le politiche subite, passa ad un livello successivo che oltrepassa il logico scontento intimo per renderlo finalmente pubblico. Difficile che i governi trovino strade alternative alla lotta al debito, perchè essi sono sostanzialmente espressione di quelle parti economiche, che oltre ad avere creato questa situazione di difficoltà, che hanno la necessità di non compromettere il loro patrimonio e la loro libertà di azione. Tuttavia il segnale presentato dalle piazze parla chiaramente alle istituzioni e presenta il conto di una tensione sociale da non sottovalutare perchè espressione di reale bisogno e difficoltà, che rappresenta la pressochè totale rottura di uno dei fondamenti dello stato: quello della coesione sociale. La spaccatura generata dalle politiche di recupero economico, che ha presentato il conto, caricandone della quasi totalità del costo, le parti più deboli della popolazione, può generare pericolosi fenomeni che possono minare la stabilità dello stato. La sempre maggiore affermazione dei partiti populisti e dei movimenti di matrice locale, giunti alla crescente avversione all'istituzione europea, che si contraddistingue sempre più come fenomeno trasversale che attraversa, non solo tutti i ceti sociali, ma anche quelli produttivi, può dilaniare, sia l'istituzione sovranazionale, che quella stessa nazionale, in una frammentazione di istanze capace di sgretolare i pochi elementi di unitarietà. Questo difetto discende dalle soluzioni calate dall'alto, dell'attività degli eurocrati che non si addentrano nelle specifiche situazioni e dal governo dei tecnici, che elaborano situazioni su dati macroeconomici nel breve periodo, anche esatti nel loro complesso, ma che non tengono conto delle molteplici sfacettature foriere di conseguenze ben peggiori sul lungo periodo. Uno stato non può guardare soltanto al risultato economico complessivo della sua azione, senza tenere conto delle ripercussioni dei costi sociali generati per raggiungerlo. Ma purtroppo è questo ciò che accade. Le ragioni di questo sciopero europeo, devono essere considerate in maniera importante, senza essere sottovalutate dai governi e dall'Unione Europea, il clima che si sta instaurando a causa del disagio deve essere bonificato con politiche che favoriscano l'occupazione, la redistribuzione del reddito e mantengano lo stato sociale, pazienza se qualche banca fallisce, anzi ciò può costituire un segnale positivo ed ottenere un effetto calmierante su di una piazza sempre più esasperata.
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