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lunedì 19 novembre 2012
Unione Europea: sul bilancio divisioni sempre maggiori
Per il Presidente della Commissione Europea Barroso resta difficile raggiungere un accordo che ratifichi il bilancio di previsione per l'Unione Europea, previsto per il periodo 2014-2020, che contiene elementi tesi a favorire la crescita, ma che contrasterebbero con la volontà di rigore portata avanti dagli stati del nord del continente. Secondo Barroso il bilancio, pur contenendo forti tagli di spesa, come richiesto dagli stati più rigoristi, favorirebbe la crescita economia, creando occupazione, sopratutto nelle fasce giovanili, che patiscono i più alti livelli di disoccupazione. Tuttavia le proposte sul tavolo, che suscitano maggiore disaccordo, sono quelle relative al taglio dei programmi di solidarietà sociale relativi alla lotta alla povertà. Queste resistenze, tra l'altro da parte di governi da sempre in prima linea per il welfare state, come la Svezia, rischiano di creare una frattura profonda tra i due poli geografici europei, mettendo seriamente a rischio l'unità sovranazionale. Quella che si presenta molto concretamente è la possibilità tanto temuta dell'Europa a due velocità, con la novità che i due piani distinti non sarebbero più soltanto economici, cioè in relazione all'Euro, ma anche politici, determinati da una visione particolaristica dell'interesse nazionale, troppo spinto per essere ancora inquadrato in un contesto continentale. Anche il recente ostruzionismo contro i fondi destinati all'Italia per la ricostruzione del terremoto delle zone produttive dell'Emilia, peraltro già stanziati, rivela la mancanza dei presupposti di fondo, da parte di alcuni governi di paesi, oltre al regno Unito, dove sta emergendo un sentimento contrario ai fondamenti dell'Unione Europea. Il caso italiano, poi è illuminante sulle reali intenzioni di chi ha posto i pareri ostativi, con scuse di circostanza, contro un territorio capace produttivo probabilmente in concorrenza con quelli appartenenti agli stessi stati contrari. Questo caso limite, va, comunque, ricompreso in un atteggiamento più ampio le cui responsabilità non possono non cadere sul comportamento tedesco e su quello inglese, capaci di fare proseliti in stati neanche tanto in buona salute economica. Berlino ha la colpa di insistere in un rigore punitivo, che sfiora la patologia: se le paure dei tedeschi sono quelle di dovere contribuire con i propri fondi per tamponare le situazioni debitorie degli stati in difficoltà, occorre rammentargli i facili investimenti che hanno procurato lauti guadagni in Grecia e Spagna e tutto il mercato dove le loro esportazioni sono ingenti, nel sud Europa. Questi fatti dovrebbero essere usati con maggiore spregiudicatezza dai pavidi governanti europei, che sembrano farsi dettare l'agenda dei loro impegni dalla cancelleria di Berlino. Londra ha assunto un comportamento di perenne critica all'Europa, dal suo isolamento geografico cerca di intralciare ogni tentativo di maggiore unione, sopratutto politico economica, perchè gelosa del suo ampio margine di manovra, specialmente nelle speculazioni finanziarie. Questa forza inusitata, che usa per accrescere la propria ricchezza, spesso a scapito dei suoi stessi alleati, costituisce la barriera più forte che impedisce una azione comunitaria capace di sanzionare il Regno Unito. Eppure il modo ci sarebbe: costringere Londra ad uscire dalla UE, se l'Inghilterra insisterà nella sua posizione di contrasto allo sviluppo dell'autonomia delle istituzioni comunitarie centrali. Ciò andrebbe a costituire un precedente importante ed un monito severo, per chi intendesse proseguire su quella strada. Con queste premesse il programma di Barroso di trovare una intesa che possa soddisfare tutti i membri dell'Unione, appare un miraggio capace soltanto di rallentare decisioni che devono essere prese con rapidità per dare un segnale sia ai mercati, che ad un tessuto sociale continentale che si sta sempre più sfaldando sotto i colpi dell'eccessivo immobilismo e che langue in una condizione difficile a causa delle poche decisioni che vengono prese soltanto in nome di rigore sempre più eccessivo. Su questi temi si gioca l'effettiva tenuta della UE, che può andare avanti comunque grazie alla forza d'inerzia di chi ha convenienza al mantenimento dello status quo, che, però, rappresenta soltanto una visione di breve periodo che non può comprendere una risoluzione strutturale dei problemi del vecchio continente.
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