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giovedì 20 dicembre 2012
In Asia si può sviluppare una nuova guerra fredda
Con l'elezione della conservatrice Park Geun-hye alla presidenza della Corea del Sud, si chiude il trittico dei rinnovi di governo nell'area destinata a diventare centrale nelle analisi delle questioni internazionali. Il Sud-Est asiatico aveva già visto la salita la potere di Xi Jinping in Cina e di Shinzo Abe in Giappone. Si tratta di tre leader che hanno in comune una visione che pare eccessivamente nazionalista e, forse, poco propensa al dialogo; non sono le qualità più indicate per affrontare l'evoluzione della situazione di una regione sempre più caratterizzata da potenziali instabilità a causa di molteplici fattori di contrasto. A questo si deve aggiungere la mutata strategia statunitense, che ha messo al centro della propria azione l'area meridionale dell'Oceano Pacifico. Essenzialmente le cause di conflitto potenziale risiedono nel confronto per il possesso di piccoli arcipelaghi tra Cina e Giappone, tra Giappone e Corea del Sud, la già citata strategia americana che irrita i cinesi e la minaccia nucleare della Corea del Nord. Come si vede un complesso di situazioni capace di scatenare quella che, non a torto, è stata definita come la nuova guerra fredda dell'Asia. L'equilibrio già fortemente instabile e destinato a peggiorare ulteriormente, proprio grazie ai risultati elettorali o, comunque, ai diversi cambi di potere, ha già scatenato una preoccupante corsa agli armamenti, che pare dirigersi verso il già sperimentato equilibrio del terrore. Xi Jinping, il primo leader a salire al potere, ha presentato un volto falsamente conciliante, propugnando una crescita cinese nel rispetto degli altri paesi. Questa premessa, tuttavia, aveva solo lo scopo di rendere meno preoccupante il resto del suo programma. In realtà ciò non è bastato ad allarmare i vicini e gli USA: la volontà cinese di migliorare le forze armate più grandi del mondo nella capacità di combattere guerre regionali, spiega ampiamente quale sia l'intendimento della nuova leadership di Pechino. Il budget cinese per gli armamenti nell'ultimo decennio ha avuto un incremento costante e soltanto nel 2012 sono stati stanzianti 80.423.000 di euro, spesi per costruire la prima portaerei cinese e migliorare generalmente tutta la struttura della marina militare, col chiaro significato che l'elemento acqueo acquisterà sempre maggiore centralità nella strategia complessiva della Cina. Ciò ha preoccupato subito il Giappone che è parte in causa sulla disputa delle isole con il governo cinese. Shinzo Abe, nuovo premier giapponese, ha fatto del nazionalismo una delle sue bandiere elettorali ed a poco sono valse le sue parole, dopo l'elezione, verso la Cina, che sottolineavano come Pechino rappresentasse il più grande partner economico del Giappone. Una delle intenzioni del nuovo premier è però quella di continuare la linea della spesa degli armamenti, talmente ingente da porre il budget di Tokyo al sesto posto nel mondo dei bilanci militari. Le intenzioni di Abe sono di fare pressione sugli USA affinchè limitino la crescente potenza cinese sia dal punto di vista militare che economico. Pechino individua nell'atteggiamento USA una ingerenza nella sua volontà di sviluppo pacifico, le continue critiche di Washington alle spese militari cinesi provengono da una nazione che destina ben il 2% del suo PIL, contro l'1,8% cinese e rappresentano, agli occhi della Cina, una volontà imperialista sulla regione, che si sta attuando con la fitta rete di alleanze sviluppata da Washington in chiave anti cinese. Gli accordi stretti con Filippine, Vietnam, India e Myanmar, paesi relativamente vicini al territorio cinese, danno a Pechino la sensazione di essere circondata e generano, in una nazione in forte espansione, sentimenti di grande sospetto. Ma anche gli Stati Uniti hanno le loro rimostranze verso Pechino, che sono legate sopratutto, all'azione non sempre univoca della Cina nei confronti della Corea del Nord. Per gli americani i cinesi non fanno molto affinchè Pyongyang interrompa i propri esperimenti nucleari ed il sospetto nell'amministrazione a stelle e strisce è che la Corea del Nord sia uno strumento di pressione verso l'Occidente. Ma anche nella stessa orbita americana vi sono dispute che possono mettere in pericolo i rapporti di alleanza; è il caso della contesa tra Giappone e Corea del Sud per le isole Takeshima, anche se a preoccupare maggiormente Seul è il comportamento sempre imprevedibile di Pyongyang; l'argomento è particolarmente sensibile anche per la politica interna della Corea del Sud, in quanto esiste un movimento di opinione molto consistente che auspica un miglioramento sensibile delle relazioni tra i due paesi, con il fine, in un futuro non si sa quanto prossimo, di unificare la penisola coreana. Le diverse situazioni concorrono a rendere sempre più incerto l'equilibrio di un'area sempre più importante per l'economia del pianeta, sia dal punto di vista della produzione delle merci, che del loro trasporto. Non è azzardato dire che le possibilità di superamento dell'attuale crisi economica globale, passano, in gran parte, dagli sviluppi che prenderanno le diverse situazioni che compongono lo scenario della regione, sia a livello singolo, che globale.
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