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lunedì 21 gennaio 2013
Israele al voto: favorita la destra
Alla vigilia del voto israeliano, che eleggerà il diciannovesimo parlamento della sua esistenza come stato sovrano, i cinque milioni di cittadini chiamati alle urne potranno scegliere tra 34 partiti. Dopo otto settimane di campagna elettorale le previsioni forniscono un quadro possibile molto simile a quello attuale, caratterizzato dalla predominanza della destra. Se tale previsione risulterà veritiera Benyamin Netanyahu, l'attuale Primo Ministro, sarà riconfermato per la terza volta nella massima carica del paese. La principale novità nel panorama dei partiti israeliani, è costituita dalla potenzialità della nuova lista, che si colloca all'estrema destra, Habait Hayehudi, guidata da Naftali Bennett, ex consigliere di Netanyahu, che presenta un programma basato sulla costruzione del grande Israele basato sui confini della Bibbia, con la conseguente negazione dalla costituzione dello stato palestinese ed il rifiuto del processo di pace con gli arabi. Questa lista, pur essendo parte dell'alleanza che dovrà portare alla riconferma l'attuale primo ministro, ha già eroso consensi elettorali al partito di Netanyahu, presentandosi come un movimento di destra alternativa, contraddistinto dalla rigida intransigenza nei confronti dei rapporti con i palestinesi. Il successo accreditato ad Habait Hayehudi fornisce chiaramente il polso della situazione nel paese della stella di David: la maggioranza della popolazione non è sostanzialmente favorevole ad un processo di pace che sancisca la costituzione dello stato palestinese, la soluzione preferita dagli americani, con i quali si prevede, in caso di vittoria dell'attuale amministrazione insediata a Tel Aviv, rapporti più che pessimi, con sviluppi sulpiano delle relazioni internazionali difficilmente prevedibili. L'impronta data da Obama al suo governo, con le nomine principali non gradite ad Israele, promettono tempi difficili tra i due paesi, con relazioni, che, verosimilmente, subiranno ulteriori raffreddamenti. Tuttavia anche per Israele la questione palestinese sembra passare in secondo piano a causa della difficile congiuntura economica, a parte la parentesi dell'operazione di Gaza, compiuta a Novembre, le questioni economico sociali mantengono il primato nelle discussioni, e perfino la paura di un attacco iraniano è superata in nome della richiesta di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Questo aspetto della campagna elettorale potrebbe aprire margini di prospettiva per il principale partito di opposizione, il Partito Laburista, guidato da Shelly Yachimovich, che punta in special modo sul voto femminile. Ma la crisi potrebbe essere anche una opportunità per Netanyahu, grazie alla quale difendere la sua politica in favore dell'espansione delle colonie nei territori palestinesi, per creare sviluppo a favore degli israeliani. Questa argomentazione usata più volte in modo latente potrebbe salire nell'importanza strategica della campagna elettorale, come dimostrato più volte dall'azione politica del primo ministro, che, a parte le dichiarazioni di facciata, per la verità sempre meno convincenti, ha sempre agito nella direzione opposta del processo di pace, non condiviso e neppure perseguito.
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