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lunedì 28 gennaio 2013
Israele teme il destino dell'arsenale chimico della Siria
Il timore che l'arsenale chimico siriano, o parte di esso, possa cadere nelle mani dei miliziani di Hezbollah o della parte islamica dei ribelli di Siria, sta provocando uno stato di allarme in Israele. Nell'immediato, batterie di missili "Iron Dome" sarebbero state schierate a nord del paese ed esisterebbe già un progetto per la costruzione di una barriera di sicurezza, lungo il confine siriano, del tutto simile a quella sul confine meridionale con l'Egitto. La preoccupazione è molto alta a Tel Aviv, dove la minaccia potenziale che potrebbe provenire dalla Siria viene considerata pericolosa al pari dell'Iran, per la stessa esistenza dello stato di Israele. Ciò che è molto temuto è l'inserimento di Teheran nella dissoluzione del regime di Assad e nella possibilità di impadronirsi delle tanto temute armi chimiche, l'Iran è il maggiore alleato della Siria di Assad e suoi uomini hanno combattuto o stanno combattendo a fianco dell'esercito regolare contro i ribelli, questa presenza sul territorio potrebbe permettere un facile accesso agli arsenali non convenzionali ed una conseguente distribuzione alle milizie degli armamenti. Israele guarda con preoccupazione a questi possibili sviluppi, tanto da definire la movimentazione delle armi chimiche il confine oltre il quale sarebbe altamente probabile un intervento diretto, volto a scongiurare tale possibilità. Malgrado le affermazioni ufficiali circa lo schieramento delle batterie "Iron Dome", venga definito come un normale avvicendamento, la tensione negli ambienti militari è palpabile, mentre si guarda allo sviluppo della situazione. Quando si parla di un possibile coinvolgimento diretto di Israele fuori dai propri confini è inevitabile analizzare la situazione negli Stati Uniti: Obama continua ad essere scettico in un coinvolgimento diretto delle forze armate USA in Siria; il Presidente americano deve valutare le conseguenze di un conflitto sia in rapporto all'impegno ancora esistente in Afghanistan, sia agli sviluppi della guerra civile siriana, le risorse americane, benchè ingenti, non sono infinite ed il timore di un nuovo impegno prolungato spaventa la Casa Bianca. Tuttavia se Tel Aviv decidesse di intervenire non sarà lasciato solo, la speranza a Washington è che si possa trattare di un'azione lampo circoscritta al solo scopo di impedire la distribuzione degli arsenali chimici. Ma la presenza iraniana sul campo rischia che da un episodio circoscritto si arrivi ad un confronto più ampio, proprio tra Tel Aviv e Teheran sebbene in campo neutro. Questo scenario sarebbe completamente nuovo rispetto alle tante congetture elaborate per un possibile attacco dei caccia israeliani ai siti dove si pensa venga costruita l'atomica scita. Difficile pensare ad una soluzione certa di tale confronto, se non una completa destabilizzazione della regione, la Siria potrebbe diventare un gigantesco campo di battaglia, dove andrebbe in scena non soltanto la guerra civile già in corso, ma un conflitto tra potenze straniere capace di alterare le alleanze e lo sviluppo del conflitto interno con conseguenze pericolose per i rapporti internazionali anche tra stati non direttamente coinvolti.
La questione è seguita anche dalle altre cancellerie, in particolare il Cremlino, che mantiene la sua posizione pilatesca, che propugna la soluzione interna riservata al solo popolo siriano. La formula mira alla salvaguardia della persona del dittatore Assad, cui potrebbe essere riservato diritto di asilo e nel contempo che possa permettere a Mosca di mantenere la propria base navale, unica presenza russa nel Mediterraneo. Ma i negoziati che la Russia continua a promuovere tra le parti hanno ormai poca speranza di arrivare ad una conclusione, come poche possibilità sono ormai che Assad abbia ragione dei ribelli, i quali, però a causa delle loro divisioni non riescono a dare la spallata finale al regime, ma l'allargamento del conflitto potrebbe ridare speranze allo stesso Assad, a cui potrebbe giovare una situazione di maggiore confusione. In questa ottica, la presenza di piani per favorire tale degenerazione non sarebbe così improbabile, sopratutto in relazione alle parti che potrebbero avvantaggiarsene.
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