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mercoledì 27 febbraio 2013
La UE non deve sottovalutare il caso italiano
Il risultato delle elezioni italiane deve essere interpretato come piu’ di un segnale di allarme da parte delle istituzioni europee. Roma, da sempre convinta appartenente delle istituzioni europee, si ritrova con il parlamento meno propenso all’Unione Europea del continente. Il fenomeno, prima circoscritto a nazioni meno importanti, o, se presente in quelle maggiori, confinato in zone regionali ben definite, in Italia assume un ora un valore di tutt’altro peso specifico. L’evoluzione dei prossimi giorni dira’ se il paese italiano riuscira’ a costruire un governo, capace, almeno di arrivare ad una nuova scadenza elettorale con una nuova legge per determinare il peso politico delle coalizioni, evitando le situazioni, come l’attuale, che determinano lo stallo del sistema. Ma a questo problema, pur importante per i delicati equilibri europei, vi e’ quello ancora maggiore che riguarda la lezione che Bruxelles deve capire affinche’ questa situazione non si ripeta, portando il pericolo della disgregazione europea a livelli fino ad ora mai raggiunti. Le forze che siederanno nel prossimo parlamento italiano, sono infarcite di un euro scetticismo che va dall’uscita della moneta unica, fino all’abbandono dell’Unione Europea, come soluzioni possibili alla grave crisi economica. Quello che si imputa a Bruxelles e’ di avere assecondato troppo le esigenze tedesche, che hanno determinato una contrazione enorme del reddito disponibile per famiglie ed imprese, alzando il valore del debito pubblico degli stati, sopratutto quelli dell’Europa meridionale. Il comportamento della Germania, condizionato da una visione miope e ristretta ha ridato fiato all’euro scetticismo piu’ spinto, a sua volta mosso, da programmi a brevissima scadenza. Detto cio’ se si verificasse, non proprio un distacco, ma soltanto un allentamento dei vincoli nei confronti dell’Europa, i primi a rimetterci sarebbero proprio i tedeschi, che hanno nell’area euro il loro mercato di riferimento. Il segnale greco per scongiurare i pericoli del populismo e della contrarieta’ alle istituzioni europee non e’ evidentemente bastato, ma ora quello che avviene in Italia, la terza economia dell’area euro, rischia di avere una portata ben maggiore, anche per il potenziale effetto di emulazione che potrebbe verificarsi. Chiaramente la colpa non e’ tutta della Germania o della UE, pero’ e’ un fatto che il governo Monti, definito tecnico, ha abbassato notevolmente gli standard di vita degli italiani, per soddisfare le richieste europee e mantenere in piedi un sistema bancario non in grado di sostenere i necessari investimenti. In un simile scenario il Partito Democratico, accreditato dai sondaggi della vittoria, e’ arrivato primo senza raggiungere la maggioranza necessaria per governare, subendo la rimonta di Berlusconi, responsabile dello sfacelo che ha determinato l’insediamento di Monti. Proprio il risultato deludente del premier uscente, che governava con l’assoluto favore di Bruxelles, rivela il basso livello di gradimento che il popolo italiano ha manifestato e che deve essere il principale motivo di riflessione per Bruxelles. Tutto cio’ ha favorito l’ascesa del Movimento Cinque Stelle, che pur partendo da motivazioni piu’ che valide, ha proposto in sede di campagna elettorale, una visione populista di facile presa, che, tuttavia, ha permesso di nascondere la pochezza delle proposte politiche. La UE non puo’ permettersi un’altro episodio simile e deve fare in modo che in Italia si creino le condizioni per fermare da subito l’antieuropeismo mediante ogni aiuto possibile per evitare una deriva capace di trascinare tutta l’impalcatura europea. Se cio’ non si verifichera’ l’unione politica sara’ irraggiungibile e sara’ la fine del sogno europeo, con il risultato che le singole nazioni del vecchio continente saranno preda di facile conquista di Cina e Stati Uniti.
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