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Politica Internazionale
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mercoledì 27 marzo 2013
A Durban i BRICS pensano all'inizio di un nuovo ordine mondiale
Nella riunione che si sta svolgendo a Durban, in Sudafrica, tra i paesi con le economie in maggiore crescita, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, si stanno cercando nuove soluzioni economiche e politiche, capaci di rappresentare una concreta alternativa al dominio degli Stati Uniti, ed anche, seppure in misura minore dell'Europa. Si tratta di progetti, che, se raggiunti, avrebbero una portata epocale, capaci di apportare variazioni consistenti all'ordine mondiale attuale. Il primo passo individuato dai leader dei cinque paesi è la creazione di una banca, che sappia essere alternativa al governo della Banca Mondiale, che è gravata dalla troppa influenza esercitata da Washington. La nascita di un organismo bancario alternativo di una tale portata potrebbe consentire una maggiore autonomia di movimento ai paesi emergenti, sia per finanziare progetti di sviluppo più funzionali alle loro esigenze, sia per trovare strumenti che consentano una maggiore stabilità finanziaria degli stessi paesi. L'esigenza nasce da un blocco di nazioni che hanno il 43% della popolazione globale e detengono il 21% del prodotto interno lordo mondiale e che non si sentono tutelate da un organismo come la Banca mondiale, nato dopo la seconda guerra mondiale per regolare esigenze e situazioni profondamente differenti; inoltre i meccanismi di controllo e di governo del massimo istituto di credito mondiale risponde a criteri più funzionali ai paesi industrializzati ed in special modo agli Stati Uniti. Si tratta di obiezioni condivisibili, giustificate dalla necessità di vedere riconosciute le esigenze di economie che attualmente forniscono un apporto determinante alla crescita economica del mondo. Si capisce molto bene che alcuni regole stabilite dalla Banca mondiale non consentono quella libertà di manovra necessaria a piani di sviluppo, talvolta in aperto contrasto con le esigenze di USA e UE. Ma la creazione di una banca alternativa a quella mondiale, se di per se non rappresenta che una legittima aspirazione, da un altro lato, visto da una prospettiva differente da quella prettamente economica, può anche essere uno strumento per aggirare vincoli che riguardano aspetti tutt'altro che secondari. Il problema dell'inquinamento, già di per se notevolmente aggirato da questi paesi, per esempio, verrebbe ancora più trascurato se ci fosse la presenza di istituzioni di credito poco sensibili al tema, non che la Banca mondiale sia stata un argine decisivo a progetti con impatti ambientali forti, tuttavia una sua riforma in tal senso potrebbe prevenire degenerazioni ulteriori. Esiste, poi il problema, cronico per alcuni di questi stati, della mancanza dell'applicazione negli ordinamenti statali di una legislazione che tuteli i diritti, sia individuali, che del commercio e dell'industria, o che le leggi presenti siano insufficienti: l'apertura di una banca alternativa potrebbe consentire speculazioni ancora maggiori di quelle consentite dall'attuale Banca mondiale. Come si vede non si tratta di aspetti secondari, che imporrebbero una riflessioni ai paesi occidentali per primi verso una riforma del massimo istituto creditizio mondiale con una maggiore attenzione ad aspetti più etici per poi coinvolgere anche i paesi emergenti in un processo di profonda revisione dei meccanismi della banca mondiale, affinchè questa sia strumento che accolga le esigenze globali. Avere due banche, sostanzialmente di livello mondiale, concorrenti non sarebbe un bene per l'economia globalizzata attuale, che più che di concorrenza a livello così elevato, ha bisogno di aspetti regolatori condivisi, che sappiano tenere conto delle esigenze sia delle nazioni emergenti, che di quelle industrializzate. Ma l'aspetto tecnico della costituzione di una banca alternativa a quella mondiale è anche il segnale della ricerca di una maggiore importanza a livello geopolitico. Finora i BRICS si sono mossi nell'arena dell'economia, raggiungendo risultati eccezionali, restando, però, ai margini della scena internazionale. Va detto che le ragioni non sono univoche, la Cina, per esempio, ha fatto del non intervento la sua linea guida in politica estera, mentre per Brasile, India e Sudafrica appare chiara una certa inesperienza internazionale per spingersi aldilà dei problemi regionali. Diverso il caso russo, che non pare essersi ancora ripreso dalla caduta dell'impero sovietico, quando era la superpotenza dominante a fianco degli Stati Uniti. Proprio la Russia, che patisce questa marginalizzazione a causa del suo passato, è la nazione che spinge di più verso la ricerca di un ruolo autonomo nel processo politico internazionale da parte dei paesi emergenti. Il segnale da dare agli USA ed alla UE è che l'attuale equilibrio di potere mondiale non è più valido. Ma se nell'economia questo fatto è ormai assodato, nella politica internazionale la situazione è più complessa. Sebbene con qualche limitazione in più di una volta, il ruolo di gendarme del mondo è ancora in mano agli USA ed i soldati che partecipano alle missioni di pace, per fare un esempio sono ancora quelli dei paesi industrializzati. Senza impegni concreti, non facili da prendere, la credibilità politica come attori internazionali di primo livello, dei paesi emergenti, rimane bassa. Certo occorrono progetti più ampi che investano le organizzazioni internazionali, primo fra tutti la riforma del Consiglio di sicurezza dell'ONU, troppo spesso bloccato per l'immobilismo proprio di Cina e Russia. Comunque questo vertice registra ufficialmente la partenza di un futuro dove gli assetti attuali saranno cambiati in nome di nuovi equilibri e nuove esigenze, ciò può essere una opportunità per il mondo intero soltanto se il dialogo resterà ancorato a progetti di sviluppo condiviso.
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