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venerdì 15 marzo 2013
Il Libano non deve essere contagiato dalla guerra siriana
La paura dello sconfinamento della guerra siriana, non riguarda soltanto Israele: nel Libano si fanno sempre più forti i timori che la guerra civile della Siria, faccia ripiombare il paese dei cedri nel suo triste passato. Lo schieramento dell'esercito libanese nelle vie e nelle piazze del paese, coadiuvato dalla polizia antisommossa, evidenzia bene lo stato lo stato di tensione che percorre il paese. La consapevolezza che il movimento Hezbollah abbia tratto occasione dal caos del paese vicino per incrementare i propri arsenali e possa anche pensare di usarli, per riaprire nel Libano una stagione di scontri, è una minaccia avvertita in modo concreto. Le finalità dei movimenti integralisti sarebbero quelle di allineare il paese libanese alla deriva delle primavere arabe, dove i movimenti integralisti hanno preso il potere. La differenza sostanziale è che sono arrivati al governo attraverso elezioni, cosa che in Libano pare difficile accadere; l'unica via, quindi, per insediare un governo vicino alla teocrazia è quella delle armi. Ma il raggiungimento del potere non è il solo fine che guida Hezbollah, in realtà il Libano è sull'orlo di una esplosione interna a causa di vecchi contrasti, mai superati, di natura religiosa e politica, che si mischiano con attriti vecchi di anni e che affondano le loro radici ancora nella guerra civile, che ha martoriato duramente il paese nel secolo scorso. Attualmente il Libano appare diviso in due forze, separate dal sostegno o dalla contrarietà al dittatore di Damasco, tanto da inviare in Siria contingenti contrapposti di combattenti, che si sono affiancati, rispettivamente, per Assad, ed è il caso di Hezbollah, che segue le direttive iraniane, e per i ribelli, come alcuni partiti della coalizione 14 marzo. Queste forze, sostanzialmente paramilitari, si stanno già affrontando in Siria, ma proprio per questa ragione, potrebbero dare vita a combattimenti anche sul loro suolo di origine. Non è chiaro se l'esercito libanese possa evitare o contenere questo potenziale conflitto, anche perchè all'interno delle forze armate regolari di Beirut, sono presenti, così come nella società civile, esponenti di entrambi gli schieramenti. Uno degli scenari possibili, nel malaugurato caso che ricominci il conflitto interno, è la ripetizione della necessità di una forza di pace straniera, capace di esercitare il ruolo di cuscinetto tra i due schieramenti, così come già accaduto con l'impiego dei militari italiani. L'ONU dovrebbe preoccuparsi per tempo di questa eventualità, la posizione strategica del Libano, impone una attenzione particolare per evitare una nuova guerra civile, in un momento particolarmente teso per il medio oriente, con le azioni militari preventive che Israele minaccia contro l'Iran, da ormai troppo tempo. Un allargamento del conflitto siriano in Libano, non è la stessa cosa dei casi, pur pericolosi, degli sconfinamenti dei combattimenti in Turchia ed in Iraq. Ad Ankara sono in grado di governare la situazione interna, che non corre alcun pericolo di alterazione del proprio equilibrio, mentre, viceversa, la situazione iraqena, dove vi è una intensificazione dell'azione di Al Qaeda, è maggiormente esposta a portare nel paese ulteriore instabilità, ma l'impatto sulla geopolitica internazionale, risulta, al momento, di minore entità di una crisi libanese. Nel territori del Libano al confine con la Siria, vi è sono poi i casi dei campi profughi, spesso abusivi e fonte di guadagno illecito per molti libanesi, che ospitano fuggitivi dalla guerra civile di qualsiasi orientamento. All'interno di queste persone, nella maggior parte prive di qualsiasi controllo, possono annidarsi esponenti potenzialmente pericolosi, in grado di contribuire ad aumentare il pericolo di portare instabilità nel paese. Inoltre questa massa di rifugiati, introdotta nel paese senza una pianificazione preordinata, sta mettendo a dura prova le capacità libanesi della gestione dell'emergenza, creando altri potenziali motivi di allarme per la sicurezza sociale del paese. Il pericolo di pesante alterazione dell'equilibrio delle condizioni di convivenza tra le comunità locali ed i profughi rappresenta una reale possibilità, dalla quale potrebbero partire conseguenze ben più gravi. Ma l'atteggiamento internazionale, sia dei paesi occidentali che dell'ONU pare orientato a sottovalutare tutta questa serie di problemi, che, invece, richiedono un intervento rapido ed anche diretto, sopratutto non limitato ai soli aiuti umanitari. La scelta di non intervenire in Siria, ha prodotto soltanto una guerra che sta andando avanti da due anni, che per ora resta limitata al territorio siriano, ma un allargamento in Libano potrebbe significare, poi una espansione ulteriore, in territori, come quello israeliano, ancora più delicati per l'equilibrio regionale ed anche mondiale. La necessità di impedire questo contagio deve obbligare chi di dovere ad elaborare velocemente piani di intervento concordati con le autorità di Beirut, per azioni da mettere in campo nel minor tempo possibile.
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