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giovedì 14 marzo 2013
Mali: i caschi blu dell'ONU sostituiranno le truppe francesi
L'impegno francese nel Mali, almeno con la presenza massiccia di militari, che ha permesso di sconfiggere gli integralisti islamici, sta per finire. L'intenzione conferma i programmi iniziali elaborati da Parigi, che prevedevano un intervento risolutore della situazione del nord del Mali, senza una presenza prolungata. Quelle in corso dovrebbero essere, quindi, le ultime operazioni militari prima del passaggio di consegne alle truppe africane, che presidieranno il paese sotto le insegne dell'ONU. Il contingente di caschi blu dovrebbe aggirarsi intorno ai 10.000 uomini, con la autorizzazione ad usare la forza. Nonostante la partenza dal territorio del Mali, le truppe francesi saranno comunque pronte ad intervenire, nel caso di bisogno, con l'impiego dei soldati di Parigi di stanza nel Senegal o nel Ciad, in grado, quindi, di assicurare un alto livello di rapidità di intervento. Se all'ONU vi è la consapevolezza della grande importanza dell'intervento francese, che ha risolto le lungaggini burocratiche in cui si era fermato il Consiglio di sicurezza, vi è anche il concreto timore, che con la partenza dei militari della Francia, considerata inevitabile per ragioni di opportunità di politica internazionale ed interna, di un ritorno all'instabilità nella regione. Le sconfitte militari non hanno definitivamente sconfitto gli integralisti islamici, che possono contare su di una riserva sia di uomini che di armi, abilmente nascoste nell'infinita zona desertica. La speranza dei funzionari delle Nazioni Unite, di avere esaurito la necessità delle operazioni antiterrorismo e quindi di vedere per i caschi blu un solo compito di controllo, è destinata ad essere frustrata. Tuttavia la condizione degli integralisti, sopratutto dal punto di vista militare, è notevolmente peggiorata grazie all'azione dell'esercito francese, che ne ha ridotto notevolmente le capacità belliche. Questa situazione però, potrebbe provocare un cambio di strategia del terrorismo islamico presente nella parte settentrionale del Mali, obbligato a razionalizzare le ora limitate risorse, verso l'organizzazione di attentati mirati ai centri di potere dello stato maliano. In questo scenario il dispiegamento dei caschi blu, per controllare la vasta zona subsahariana potrebbe avere un impatto più ridotto delle attese. Alla luce di queste considerazioni il dibattito in corso tra l'ONU ed i paesi africani destinati alla costituzione della forza di pace assume una nuova prospettiva, infatti l'intenzione delle nazioni dell'Africa era quella di costituire una una forza di reazione rapida, meno adatta al presidio delle vaste zone riconquistate dal controllo degli islamisti, ma, forse, più adatta ad interventi mirati. Al contrario l'intenzione del palazzo di vetro è di schierare un numero sostanzioso di militari proprio per evitare una nuova perdita di sovranità sui propri territori da parte dello stato del Mali. Una via di mezzo tra le due tendenze, potrebbe essere la creazione di forze stanziate in punti nevralgici del paese, da cui intervenire in tempi rapidi nelle zone interessate da attacchi da parte di forze islamiche, questa soluzione, prevedendo una collocazione anche urbana dei militari, potrebbe contribuire a limitare il pericolo degli attentati. Ma non ci sono soltanto le questioni militari a costituire elementi problematici, secondo alcuni analisti ancora più complesso pare l'aspetto politico presente a Bamako, dove il clima di vendetta starebbe emergendo da tensioni tra le etnie, come denunciato dall'Alto Commissario per i diritti umani. In questo contesto può diventare determinante l'azione di convincimento dell'ONU sul governo del Mali, per aprire un processo di riconciliazione nazionale, che impedisca una nuova pericolosa deriva per lo stato maliano in un momento di particolare difficoltà.
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