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mercoledì 3 aprile 2013

La Cina è sempre più confusa di fronte alla questione nordcoreana

La Cina è sottoposta alla pressione diplomatica di molti paesi affinchè eserciti la sua influenza su Pyongyang, in quanto suo unico alleato. Sono state Parigi e Berlino, attraverso i propri ambasciatori in Cina ad esercitare le richieste più pressanti di un intervento diretto da parte di Pechino, proprio in forza del ruolo che riveste nei confronti della Corea del Nord. La Cina appare però imbarazzata nella sua impotenza, le armi diplomatiche usate dalla Repubblica Popolare non hanno ancora sortito alcun effetto e Pyonyang aggrava ogni giorno di più la situazione arrivando molto vicino allo scontro con i vicini meridionali. L'ultimo episodio, che ha sancito il divieto di passaggio attraverso la frontiera nordcoreana dei lavoratori di Seul diretti alla zona industriale comune, situata in territorio di Pyongyang, ha innalzato ulteriormente la temperatura tra i due stati. Seul ha più volte affermato, nei giorni precedenti, che una risposta militare può arrivare in qualsiasi momento di fronte a qualsiasi provocazione della Corea del Nord e riguardo agli ultimi avvenimenti il ministero della difesa si è dichiarato pronto ad ogni opzione possibile per difendere i diritti dei propri lavoratori. Dalla Russia, intanto, filtra molta preoccupazione per una situazione, che può degenerare in maniera pericolosa ad una distanza relativamente breve dai confini del paese. La reazione cinese al blocco della frontiera nordcoreana è stata di stupore ed ha prodotto, fino ad ora, la richiesta di tenere un atteggiamento moderato alle due parti ed una convocazione da parte del ministro degli esteri Zhang Yesui, degli ambasciatori di USA, Corea del Nord e Corea del Sud per manifestare la propria preoccupazione riguardo allo sviluppo della vicenda. Obiettivamente un po troppo poco, sia per le potenzialità cinesi, che per le attese di tutto il panorama internazionale. La sensazione è che Pechino si trovi del tutto impreparata a gestire una crisi del genere, negli ultimi anni la diplomazia cinese si è mossa tenendo ben fermo il principio della non ingerenza ed ha sviluppato relazioni di tipo prettamente economiche con gli altri stati, basati su scambi commerciali o di tecnologia. Al contrario non sono mai state gestite crisi di tipo politico o militare, sopratutto nella veste di paese terzo, in sostanza nel ruolo del mediatore. Ora, pur essendo il paese che conosce meglio la Corea del Nord, la Cina non riesce a trovare la giusta soluzione per fermare l'escalation che Pyongyang gli sta praticamente imponendo. Sicuramente nei canali riservati tra i due paesi sono stati attivati tutti i possibili contatti, ma il fatto che la Corea del Nord non menzioni mai la Cina ufficialmente, potrebbe volere dire, nel linguaggio diplomatico, che le richieste arrivate a Pechino non sono al momento tali da potere essere soddisfatte. In questo momento Pechino appare sotto scacco da parte di Pyongyang, che continua la sua pericolosa strategia apparentemente contro i vicini sudcoreani e gli Stati Uniti. Pechino non può rischiare una guerra sulla porta di casa e proprio per questa ragione il principio guida della sua politica estera, la non ingerenza, in questo caso non potrà essere assolutamente applicato. Tuttavia, sul piano ufficiale, la Cina si muove in modo limitato, se non goffo, creando il panico tra le potenze occidentali e facendo la figura, sul piano internazionale, di gigante con i piedi di argilla. Risulta abbastanza chiaro che questo andamento non potrà che mutare e ciò dovrà avvenire in tempi molto brevi. Per Pechino le alternative non sono molte: in caso di guerra dovrà scegliere o meno di schierarsi con Pyongyang, ma la priorità per la Cina, inferiore soltanto a quella delle due Coree, è che la deflagrazione del conflitto non avvenga. Per fare ciò, nel brevissimo periodo, deve impedire qualsiasi altra provocazione da parte della Corea del Nord, la quale non intende in realtà scendere in guerra, ma sta conducendo una strategia che può sfuggirgli di mano da un momento all'altro. Questo obiettivo potrebbe essere conseguito con concessioni a Pyongyang, ma dopo dovrebbe partire la ritorsione per evitare altri ricatti. Resta difficile fare previsioni sugli sviluppi futuri e con quali leve la Cina potrà ricondurre alla ragione Pyongyang, ma non ci sarebbe da stupirsi se l'imponente armata cinese decidesse di essere schierata in campo, ma contro il suo pericoloso alleato.

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