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Politica Internazionale
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lunedì 8 aprile 2013
Occasioni di intesa tra Cina ed USA dalla crisi nordcoreana
Nella strategia in politica estera, per la Cina, la corea del Nord doveva rappresentare una sorta di paese cuscinetto, che limitasse le potenzialità della Corea del Sud, sia dal punto di vista economico, che geopolitico. L'alleanza sempre più stretta tra Seul e Washington doveva trovare un limite invalicabile nel paese nordcoreano, che doveva assumere il ruolo di trincea a favore di Pechino, anche in ragione della collocazione geografica. Con il cambio di regime, Pyongyang dimostra di volere avere una propria libertà di azione per ottenere dei benefici reali di cui non può più fare a mano. La posizione cinese, in questo scenario profondamente mutato, è quella che più sbalordisce: Pechino, infatti, pare essere stata colta letteralmente di sorpresa dalla direzione che hanno preso gli eventi, che stanno andando nel senso completamente opposto agli interessi materiali di Pechino. Se il ruolo di Pyongyang doveva essere, in qualche modo, tale da apportare un effetto di calma e stabilizzazione, seppure in un contesto di equilibrio precario, il comportamento attuale rischia di portare una presenza maggiore degli americani fino al limite del confine cinese, proprio quello che Pechino non voleva e credeva di evitare grazie alla presenza strategica della Corea del Nord. Per la Cina lo stato ottimale era che nella regione restasse in vigore un sistema di rapporti basato su alleanze contrapposte, perfettamente bilanciate, che permettessero la continuazione di uno status quo, alla fine, conveniente a tutte le parti coinvolte. Il cambio di atteggiamento della Corea del Nord, che da fedele alleato della Cina, ha assunto scientificamente il ruolo di variabile impazzita, oltre a sconvolgere ben di più che gli equilibri territoriali, ha messo in evidenza l'assoluta impreparazione della diplomazia cinese di prevedere e prevenire lo stato attuale delle cose. Questa constatazione, se possibile, mette ancora più in allarme il mondo intero, perchè la Cina era considerata l'unica nazione straniera con un grado di conoscenza approfondito su quello che è definito lo stato eremita, per la sua chiusura ermetica al resto del mondo. Ora, che questa definizione risulta ancora più appropriata, si avverte un senso di vuoto circa la possibilità di esercitare una influenza adeguata su Pyongyang. In questi giorni, caratterizzati da una attività convulsa, la sostanziale immobilità cinese ha destato molta preoccupazione nel panorama internazionale, ma va detto che uno dei maggiori problemi cinesi, al momento, è proprio quello di trovare il modo adeguato di esercitare una qualche forma di pressione su Pyongyang. Se dovesse fallire in questo compito, per la diplomazia cinese sarebbe una sconfitta con ripercussioni enormi sulla propria credibilità internazionale. Ed è su questo argomento che si fondano le speranze americane per smorzare la crisi in atto. Secondo alcuni analisti, questa occasione, sarebbe, anzi, un mezzo per inaugurare nuove forme di collaborazione ed aprire a rinnovate definizioni dei rapporti reciproci tra USA e Cina. Del resto è interesse comune delle due superpotenze che la pace torni a regnare immediatamente per favorire interessi economici ingenti, che riguardano le sfere di influenza dei due stati. La recente mossa americana, che ha visto bloccare lo spostamento di alcuni missili dagli Stati Uniti verso la prossimità del paese nordcoreano, va letta come atto distensivo, ma anche inquadrata in una strategia che potrebbe essere stata studiata con Pechino, proprio per lasciare campo libero alle iniziative cinesi per ridurre la Corea del Nord alla ragione. Dalla riuscita delle iniziative che la Cina non potrà che mettere in campo, dipenderanno molti degli assetti geopolitici che caratterizzeranno i prossimi anni, che si spera riguarderanno soltanto una competizione di tipo economico.
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