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mercoledì 3 aprile 2013
ONU: firmato il trattato sulle armi convenzionali
Dopo sette anni di discussione è stato approvato il trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali. Il punto centrale che caratterizza l'accordo diplomatico verte sulla valutazione che la nazione deve effettuare prima di ogni transazione, sull'utilizzo effettivo, ma anche potenziale delle armi, se, cioè, queste possono essere usate per gravi violazioni dei diritti umani, se il commercio può violare un embargo in vigore, se le armi possono arrivare in possesso di gruppi terroristici o criminali. L'Assemblea Generale dell'ONU ha approvato il trattato a larga maggioranza con 154 voti a favore, ma non all'unanimità: infatti se si potevano ritenere scontati i voti contrari e peraltro ampiamente annunciati di Corea del Nord, Iran e Siria, più sensazione hanno fatto le astensioni di 23 paesi, tra cui spiccano le schede bianche di Cina e Russia. Se per Mosca la ragione di tale voto è più economica che politica, essendo uno dei principali operatori di un mercato che complessivamente ammonta a circa 80 miliardi di dollari l'anno, per Pechino si tratta di una scelta controversa, giustificata con la mancata unanimità in seno alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Questa impostazione, nonostante le proclamate buone intenzioni di ratifica del trattato, da effettuare in base a valutazioni di opportunità nazionale ed analisi dell'evoluzione della situazione internazionale, lascia la sensazione di una reale volontà di non legarsi troppo le mani, in una fase di grande espansione per le spese militari cinesi. Comunque anche tra i favorevoli è prevalsa l'idea di procrastinare l'efficacia del trattato, grazie ad una successiva risoluzione, proposta da un centinaio di nazioni, tra cui USA, Gran Bretagna, Francia e diversi paesi africani e latino americani, che prevede l'entrata in vigore effettiva a partire dalla cinquantesima ratifica. Secondo i calcoli di alcune fonti diplomatiche il tempo necessario sarebbe intorno ai due anni. Questo trattato riveste una grande importanza formale, perchè è il primo trattato che discute di disarmo mondiale dopo la messa al bando dei test nucleari del 1996. Sulla rilevanza sostanziale, invece, restano ancora molti dubbi, a partire proprio dal meccanismo di entrata in vigore, che rinvia il problema lasciando inalterato per chissa ancora quanto tempo, il commercio degli strumenti di morte. In effetti non si potevano riporre troppe speranze sulla chiusura di un mercato che implica troppe variabili, dove quelle politiche sono ancora più influenti che quelle economiche, malgrado il grande giro di affari investito. Del resto il trattato sulla moratoria dei test nucleari è stato spesso disatteso e costituisce un precedente non molto incoraggiante. La realtà di questi tentativi di governare fenomeni così complessi, si scontra con il limitato potere delle Nazioni Unite, che, alla fine, possono produrre soltanto dichiarazioni di intenti. L'evoluzione storica di questi trattati costituisce l'ennesima prova dell'inadeguatezza della struttura dell'ONU nel mondo attuale e della urgente necessità di una riforma che distribuisca in maniera differente e più estesa il potere che ora è nelle mani di pochi stati. Non si discute l'importanza della trattazione comune e condivisa, si discute la sua reale applicabilità, che spesso resta lettera morta, senza possibilità alcuna di forme sanzionatorie. Se l'idea di un governo unico del mondo appare al momento irrealizzabile, la mancanza di pochi argomenti ma decisivi sui quali potere decidere con efficacia concreta, rappresenta la reale impotenza di quello che attualmente è il massimo organo mondiale.
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