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giovedì 30 maggio 2013
Afghanistan, India e Pachistan: relazioni in evoluzione
La triangolazione dei rapporti tra Afghanistan, India e Pakistan, assumerà un sempre maggiore livello di centralità negli equilibri della regione, sopratutto dopo che il ritiro delle forze occidentali da Kabul, sarà completato. La vittoria elettorale nel Pakistan da parte di Nawaz Sharif rischia di peggiorare nettamente le relazioni tra Islamabad e Kabul, in quanto il leader del nuovo governo pachistano nella sua precedente esperienza, nel 1997, nella stessa posizione, fu uno dei primi politici esteri a riconoscere il regime che i talebani avevano imposto in Afghanistan. La provenienza etnica del leader pachistano è di origine bengalese, una etnia molto rappresentata in un esercito che, con la sua condotta, ha suscitato diversi contrasti con gli USA nella lotta ai terroristi islamici. Quello che si teme in Afghanistan con Nawaz Sharif al potere è un aumento della possibilità per le formazioni talebane di trovare rifugio nelle impervie zone di confine tra i due stati, ottime basi per condurre attacchi contro un paese che si avvia ad essere senza la tutela dei militari occidentali. Questo sentimento è molto sentito nella popolazione afghana, che ha dato atto a manifestazioni pubbliche contrarie al Pachistan, con toni anche piuttosto accesi; quello che si teme di più è un possibile ritorno dei talebani proprio favoriti dal nuovo governo di Islamabad. Quello che turba gli ambienti politici pachistani è, invece, il livello di relazioni sempre più intenso che si sta venendo a creare tra il paese Afghano e l'India, Islamabad, che è una storica rivale di Nuova Delhi, teme di finire in mezzo, oltre che geograficamente anche politicamente ad una alleanza che sta diventando molto stretta e che potrebbe portare a sviluppi militari e geopolitici pericolosi per il Pachistan. Per ovviare a questa tendenza Sharif starebbe elaborando una strategia che tenti una conciliazione con l'India, in maniera da distoglierla dal rapporto con l'Afghanistan. Al centro di questo tentativo dovrebbe esserci lo sviluppo di rapporti economici e commerciali in grado di portare benefici al Pachistan anche in questi settori. Tuttavia questo tentativo, che sembra contraddire la linea portata avanti precedentemente da Islamabad, appare disperato, sia per ragioni interne, che per ragioni di ordine internazionale. Sul fronte interno appare molto difficile che l'esercito pachistano, che è una delle forze sociali dominanti del paese, si pieghi a questa nuova linea, che vorrebbe vedere l'India, se non come alleata, almeno come partner. Lo scenario internazionale, invece, presenta sul suolo pachistano corposi investimenti cinesi, fatti da Pechino seguendo una precisa strategia di contenimento dell'avversario indiano, un cambio di rotta dei rapporti tra Pachistan ed India non sarebbe certamente visto bene dalla Cina, che è già allerta su questa linea del nuovo governo pachistano. Deve essere anche detto che per ora l'India tace su questi sviluppi, ma non sembra facile che i progetti di Sharif possano conquistare consensi convinti in un paese tradizionalmente avversario, dove anche l'alleanza con la Cina fin sui propri confini è stata vissuta come un atto di aperta ostilità. In questo momento di competizione economica sfrenata è difficile riuscire ad essere contemporaneamente amici di Pechino e Nuova Delhi, sopratutto a stretto livello politico. Infine la linea politica di Sharif non ha comportato aperture verso l'Afghanistan, accentuando le distanze tra i due stati, che vivono rapporti tesi a causa del terrorismo islamico. Una tesi del comportamento del nuovo esecutivo pachistano potrebbe essere spiegata con la necessità di liberare il proprio territorio dalle basi talebane: questo obiettivo potrebbe essere raggiunto, anzichè con mezzi di contrasto, con il favorire, tramite aiuti, il ritorno dei talebani nella madrepatria. Se ciò fosse vero il Pachistan dovrebbe affrontare, oltre le reazioni afghane, le ben più importanti reazioni degli Stati Uniti.
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