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lunedì 20 maggio 2013
Di nuovo tensione per la Corea del Nord
Dopo un periodo di calma apparente durato diverse settimane, la Corea del Nord ha interrotto lo stato di tranquillità lanciando il terzo missile a corto raggio in tre giorni. Questi lanci non sono stati accompagnati dalla retorica del regime verso l'esterno, condensata in minacce contro gli USA, il Giappone e la Corea del Sud. I missili usati per i test di lancio sono derivati da prodotti di fabbricazione sovietica ed hanno una gittata di circa 150 chilometri, quindi si tratta di vettori balistici a corto raggio che non violano gli accordi internazionali e non possono essere oggetto di sanzioni in ottemperanza del principio di sovranità nazionale. Tuttavia trattandosi di Pyongyang, il mondo intero guarda con apprensione alle nuove iniziative nordcoreane, che sono monitorate attentamente e che proprio per il solo fatto di provenire dalla Corea del Nord creano tensione, aumentando il livello di attenzione sempre presente nei paesi limitrofi. In realtà il fatto che a questi test non siano seguiti i soliti proclami antioccidentali indica che il fatto riguarda questioni interne al regime nordcoreano ed all'uso che viene fatto del mezzo militare come strumento di propaganda. Occorre ricordare che la preponderanza dei militari all'interno dello stato è soverchiante sia per la quantità del potere gestito, che per la disponibilità finanziaria a disposizione. L'apparato che governa la Corea del Nord si fonda sulla manifestazione esplicita del potere anche attraverso atti tangibili e, secondo come viene raccontata dei media del regime, sulla percezione che ne assorbe il popolo, questo elemento non deve mai essere scordato in uno stato che si fonda su cerimonie e retoriche completamente al di fuori della comprensione occidentale e non solo, perchè segue logiche singolari e del tutto particolari non paragonabili alle manifestazioni presenti negli altri paesi. Dopo il lungo braccio di ferro con l'ONU, gli stati occidentali ed anche con l'alleato cinese, il governo di Pyongyang, autore di minacce esplicite tali da rischiare un vero e proprio conflitto atomico, ha imboccato la via del silenzio internazionale facendo cessare le intimidazioni verbali a cui è seguito un mutismo intepretato come una resa ad avversari oggettivamente non attaccabili. La situazione si è cristallizzata così restando immobile senza il seguito che ci si augurava e che doveva vedere la ripresa delle trattative per la denuclearizzazione della penisola coreana. Anche se questo sviluppo non c'è stato gli analisti sono stati concordi nel dire che la minaccia di un evento altamente pericoloso come il bombardamento atomico era senz'altro scongiurata oltre che remota. Ma all'interno del paese la retorica del regime ha bisogno di mantenere la sua abituale presenza, magari mistificando ed alterando le notizie, con le consuete prove di forza. Quella in atto all'interno della Corea del Nord è probabilmente una lotta strisciante tra le varie caste dominanti del paese, che hanno necessità di dimostrare al paese la loro presenza e la loro forza. In questa ottica i lanci a ripetizione di missili a corto raggio possono essere spacciati come prova che chi è al potere non ha rinunciato a spaventare il mondo occidentale colpevole delle sanzioni a cui è sottoposto il paese; tuttavia se ciò è vero, questa dimostrazione di forza esprime anche la necessità per Pyongyang di fare vedere chi detiene effettivamente il potere e questo potrebbe sottintendere qualche scricchiolio nella dittatura, sopratutto in relazione alla gestione del paese sottoposto ad una difficile condizione economica, che pregiudica addirittura il reperimento delle quantità di cibo necessario al sostentamento della popolazione. Questa condizione generale in cui versa la nazione è quella che più spaventa la Cina che teme una fuga di massa verso le proprie frontiere da parte di un popolo alla disperazione, per Pechino è essenziale che la Corea del Nord non si tramuti in una bomba ad orologeria alla proprie frontiere e per scongiurare ciò il colosso cinese ha usato tutta la sua influenza per riportare Pyongyang alla ragione. Non è escluso quindi, che i test missilistici non siano anche un avvertimento per la Cina, non tanto come minaccia, ma come segnalazione di equilibri sempre più instabili all'interno del paese, che posono precludere a scenari non graditi per Pechino, la quale sarebbe, così invitata a preoccuparsi per l'insorgere di situazioni non congeniali alla Cina.
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