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venerdì 10 maggio 2013

La Cina cerca di diventare una grande potenza diplomatica

La necessità della Cina di assumere un ruolo sempre più globale nello scenario internazionale, non solo limitato all'espansione economica, ha determinato la volontà di Pechino di misurarsi con il caso più spinoso dell'intero panorama diplomatico: la questione israelo-palestinese. Va detto subito che la sfida scelta dai cinesi è la più difficile per la situazione politica attuale e lo scenario storico che si sta trascinando da molto tempo, tuttavia, una riuscita, o anche un parziale successo, dove tanti anni di politica estera americana e non solo, hanno sostanzialmente fallito, consentirebbe alla diplomazia cinese di assumere un ruolo di primaria importanza, ribaltando la visione del paese come determinante sul piano economico, ma senza alcuna influenza nei rapporti internazionali. Si tratta di un progetto ambizioso, che, però, non ha controindicazioni, un fallimento su di una questione così difficoltosa, non pregiudicherebbe in alcun modo la costruzione del prestigio internazionale, che Pechino sta cercando faticosamente di costruirsi. Il premier cinese Li Keqiang ha sostenuto che il paese cinese intende fare da intermediario per la promozione del processo di pace in qualità di amico di Israele e Palestina, a questo proposito il presidente cinese Xi Jinping ha elaborato una proposta comprendente quattro punti per cercare di risolvere il conflitto tra i due popoli mediorientali. Alcuni analisti, tuttavia, sostengono che le intenzioni cinesi non sono soltanto quelle di ritagliarsi un posto importante nella diplomazia mondiale, ma anche di accrescere la propria influenza nella regione del medio oriente, dove gli interessi economici di Pechino sono stati danneggiati dall'avvento delle primavere arabe. In questa ottica un successo nella complicata trattativa, da concludersi possibilmente con l'affermazione dello schema dei due stati, in modo da dare finalmente ai palestinesi una piena sovranità sui propri territori, potrebbe favorire l'immagine della Cina nel mondo arabo, ritenuto strategico per il possesso delle risorse energetiche. Questa analisi non esclude, però, l'intenzione cinese di riuscire a colmare il vuoto politico che le primavere arabe hanno lasciato, infatti i rapporti di questi stati arabi con gli USA non sono più gli stessi che vigevano, quando al potere vi erano le dittature rovesciate. La Cina, mediante il grande potere economico, può, almeno in parte, rimpiazzare gli Stati Uniti, ma ha bisogno di un riconoscimento che vada aldilà della grande liquidità che può impegnare in investimenti anche ragguardevoli. Dal lato che riguarda più strettamente la questione tra Israele e palestinesi, comunque, l'impulso cinese non può che essere ben accetto, perchè non potrà che dare nuova linfa e nuove prospettive al dialogo, va detto che in astratto è forse più congeniale alle trattative un intermediario che risulta totalmente neutrale e non compromesso con alcuna parte in causa, cosa che per gli USA, ed anche la UE, non si può altrettanto affermare, a causa dei legami molto forti tra Washington e Tel Aviv. L'azione di Pechino va vista anche come un tentativo di riequilibrare il sempre maggiore interesse che gli USA stanno dedicando alla regione del sud est asiatico, attività non certo gradita dalla Cina perchè riguarda aree del pianeta particolarmente vicine al proprio territorio e dove l'azione di Washington è vista come una sorta di intrusione. Xi Jinping ha assunto un atteggiamento particolarmente morbido di fronte all'interesse mondiale suscitato dall'iniziativa cinese, tenendo a precisare che la Cina cerca di ritagliarsi, con molta cautela, un posto in uno scenario sempre più multipolare, senza cercare di rimpiazzare gli Stati Uniti nel ruolo di gendarme mondiale. In realtà queste dichiarazioni sembrano andare nella direzione opposta di una visione che preveda la presenza di una pluralità di potenze, ma, al contrario pare l'anticamera di un nuovo assetto bipolare.

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