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giovedì 23 maggio 2013

L'interpretazione di Hezbollah della guerra siriana

L'analisi che Hezbollah fa della crisi siriana è quella che vede impegnato il mondo occidentale, Stati Uniti ed Israele in testa, per distruggere quello che viene considerato dalle milizie islamiche del Libano, il governo legittimo del paese. Si tratta di una lettura perfettamente conforme a quanto dichiarato più volte da Assad, che non considera la guerra civile in corso, come un tentativo di cancellare una dittatura per affermare riforme democratiche nel paese, quanto un prolungato atto terroristico funzionale agli scopi di altri paesi. In realtà ciò può essere vero solo in parte: Israele aveva tutto da perdere da una caduta di Assad all'inizio dei combattimenti, malgrado la sua alleanza con l'Iran, tra Tel Aviv e Damasco si era instaurata una condizione di non belligeranza, che permetteva al paese israeliano di controllare agevolmente la frontiera nei pressi del Golan. D'altro canto Assad, pur in stretto contatto con Teheran, non aveva alcun interesse a cambiare lo status quo. L'evoluzione della guerra in atto ha però fatto diventare l'Iran maggiormente influente per l'appoggio dato alle forze regolari e questo ha determinato l'innalzamento del livello di attenzione di Israele e quindi degli USA; ma all'inizio non era così: sull'onda delle primavere arabe le opposizioni hanno richiesto riforme che non sono state concesse ed il tentativo di soffocare nel sangue le rivolte ha scatenato lo scenario attuale. Più importante è, invece, probabilmente il ruolo dei paesi del Golfo, che mirano ad un cambio di governo in Siria, per favorire l'affermazione dei sunniti, in modo da avere un alleato strategico fortemente legato ai paesi sauditi, sopratutto in chiave anti Iran e quindi contro gli sciti. Questa strategia serve a contrastare anche le azioni che gli sciti stanno compiendo in Iraq, tramite attentati sempre più frequenti, per isolare porzioni di territorio, appunto a maggioranza scita, dal governo di Bagdad. Quanto affermato da Hezbollah, che in Siria sarebbe in atto una trama ordita da Israele a proprio vantaggio, sembra, perciò, una lettura errata o volutamente presentata in modo non veritiero. Del resto usare Israele come capro espiatorio è sempre comodo nei paesi arabi, più difficile richiamarsi apertamente ad una guerra interna all'islam, anche perchè ciò non è funzionale agli scopi di Hezbollah, che cerca di sfruttare ogni occasione politica per rigirarla contro Tel Aviv. Come corollario all'analisi, il vice segretario generale del partito della milizia sciita libanese Hezbollah, Naim Qassem ha dichiarato che l'organizzazione non resterà indifferente alla situazione, lanciando minacce contro lo stato sionista. Nessuna novità e dichiarazioni di quasi circostanza, che sono state accolte a Tel Aviv con il solito silenzio e con la consueta preparazione dei militari israeliani pronti a fronteggiare i possibili lanci di missili dal Libano meridionale. Anche la motivazione portata da Hezbollah che la guerra civile in corso sia pretestuosa, perchè le opposizioni non intendono sedersi intorno ad un tavolo per la pace, appare debole, perchè la causa delle mancate trattative è dovuta al rifiuto del regime ed alla mancanza di unità dei ribelli, divisi tra laici ed islamisti, con questi ultimi impegnati a creare nel paese un califfato. L'intenzione di Hezbollah è comunque quella di evitare che il paese cada in mano ai ribelli o agli occidentali; questa motivazione è totalmente funzionale alla sopravvivenza stessa del movimento, che senza l'appoggio della Siria, vedrebbe determinata una situazione dove anche l'alleanza con l'Iran sarebbe drasticamente ridotta, condannando il movimento ad un isolamento, anticamera della sconfitta e della estinzione. Con queste premesse risulta molto comprensibile l'accorato appello del presidente libanese Michel Suleiman alle Nazioni Unite ed alla Lega Araba la protezione per il suo paese dalle ripercussioni degli sviluppi della guerra siriana.

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