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lunedì 6 maggio 2013

Siria: dietro l'attacco israeliano c'è il confronto con l'Iran

Con il tanto temuto intervento diretto militare israeliano, all'interno della guerra civile in Siria, l'allargamento del contagio bellico ad una parte più estesa della regione mediorientale è, ormai, cosa certa. Anzi la situazione attuale rischia di essere soltanto un primo passo, cui potrebbero seguirne altri ancora più significativi, tanto da determinare una deflagrazione ancora più ampia. L'aviazione militare israeliana ha colpito con due attacchi differenti in territorio siriano, depositi di armi convenzionali nelle vicinanze di Damasco, per evitare che il loro contenuto andasse a rinforzare le milizie Hezbollah, che avrebbero potuto utilizzare i missili distrutti per colpire il territorio di Israele dalla basi del sud del Libano. Occorre interrogarsi sulle reali ragioni che hanno provocato la decisione del governo siriano di Assad di autorizzare gli spostamenti di armamenti molto sofisticati verso le milizie scite: con una decisione del genere la reazione di Israele era scontata, quindi questo effetto non può non essere stato calcolato, a meno che la direttiva non sia partita da Teheran, che per ragioni di propria strategia, ha spinto per muovere gli armamenti, nel timore di perderli, verso i propri alleati in Libano. Dal punto di vista di Assad, però, potrebbe essere stato più conveniente, risultare vittima di un attacco israeliano, per usare questo fattore a proprio vantaggio. Dal punto di vista intrnazionale è innegabile che la Siria è vittima di un atto di guerra non dichiarato da parte di una potenza straniera, inoltre il fatto che questa potenza sia Israele, aggrava, se possibile, il quadro: infatti, tutto il mondo arabo, anche quello tradizionalmente avverso a Damasco, ha dimostrato la propria contrarietà all'uso della forza militare di Tel Aviv. Per Assad un punto importante. Ma anche dal punto di vista interno l'attacco israeliano è stato condannato dalle opposizioni in lotta, in quanto inquadrato come ingerenza indebita da parte dello stato sionista. Per il governo di Damasco, inoltre, è stato facile affermare che Israele agisce dietro le forze che vogliono rovesciare il governo legittimo. Questa affermazione può avere una certa presa tra determinati settori del mondo scita e può scatenare una pericolosa escalation per lo stato israeliano. Sulle valutazioni politiche di Tel Aviv è invece più complesso compiere un'analisi. Quello che ha mosso l'aviazione militare è da ricercare essenzialmente nel timore che armamenti sofisticati arrivassero in mano al pericolo fisicamente più vicino per lo stato di Israele: gli Hezbollah libanesi. Per Tel Aviv, paradossalmente, le armi erano meno pericolose in mano ad Assad, che è stato bombardato soltanto perchè non rappresentava più una garanzia sufficiente sulla gestione degli arsenali militari. Sulla questione che Israele sia dietro agli oppositori del regime di Damasco, invece, non vi è alcun dubbio sulla neutralità di Tel Aviv di fronte alla guerra civile, anzi l'atteggiamento di Israele appare di disorientamento per la variazione di uno status quo che era ritenuto ormai assodato. Dietro l'azione israeliana deve essere letto anche un coordinamento con gli USA, che non possono essere estranei all'azione, e che può essere interpretato anche come una prova generale di quella azione preventiva contro l'Iran, che da tempo tiene impegnati gli analisti dello scenario internazionale. Teheran è un attore significativo nella questione siriana, da tempo il legame con Assad, ritenuto un alleato strategico di fondamentale importanza, è divenuto via via sempre più stretto, tanto da fare sospettare che la permanenza al potere del dittatore di Damasco sia dovuta soltanto all'aiuto iraniano. Ed è probabilmente da questo fattore che potrebbe partire il confronto tra Israele ed Iran, nel campo neutro della Siria, per poi allargarsi all'attacco preventivo contro i centri di ricerca sulla bomba atomica presenti in Iran.

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