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mercoledì 12 giugno 2013

Gli USA non prendono una decisione sulla questione siriana

La preoccupazione che sta vivendo la Casa Bianca per l'avanzata militare delle forze regolari siriane è figlia dell'ennesimo errore di valutazione compiuto sui paesi arabi. Come per le primavere arabe, quando Washington assicurò il proprio sostegno ai ribelli, prefigurando uno scenario dove si potevano affermare modelli di governo vicini alle democrazie occidentali, senza riuscire a comprendere l'effettiva direzione che le scelte elettorali avrebbero, invece, intrapreso, ora il ribaltamento di situazione militare a favore di Assad non era contemplato nelle previsioni degli scenari elaborati. Gli Stati Uniti vivevano la guerra siriana con la convinzione che il regime di Assad sarebbe caduto, grazie agli aiuti delle monarchie del Golfo ed all'isolamento internazionale in cui doveva precipitare Damasco, il tutto senza dare il giusto peso all'azione di attori come l'Iran, Hezbollah e, sopratutto, la Russia. Assad ha resistito finora in un sostanziale equilibrio militare nei confronti dei ribelli con l'aiuto di Teheran e di Hezbollah e giocando la carta decisiva dell'aviazione militare, strumento di cui sono sprovvisti gli antagonisti. Malgrado ciò si era arrivati ad una situazione di stasi sostanziale che è stata sbloccata dall'intervento russo. Mosca non è impegnata direttamente sul terreno, ma i massicci aiuti in armamenti sofisticati hanno ribaltato le sorti del conflitto e l'avanzata delle truppe di Damasco, che osano sempre di più sconfinare in Libano, dimostrano che le possibilità per Assad di rimanere al potere stanno aumentando giorno dopo giorno. Nei piani di Putin è strategicamente fondamentale mantenere l'unica base navale russa nel Mediterraneo che è situata proprio in Siria, ed in base a questa esigenza il Cremlino sta attuando una tattica pericolosa in prospettiva dei legami internazionali. Obama, che non sta uscendo bene dalla vicenda, a causa del progressivo spostamento della cosidetta linea rossa, presentata come invalicabile, in relazione all'uso delle armi chimiche, non può permettere che Assad resti al potere, perchè ciò farebbe diventare il paese siriano una rampa di lancio iraniana puntata su Israele. Scartando a priori l'ipotesi dell'intervento diretto, per il Presidente degli USA non resta che iniziare a rifornire con armi altrettanto sofisticate le forze ribelli, tuttavia i timori restano gli stessi che hanno finora frenato l'amministrazione americana dal compiere tale passo: la presenza di forze estremiste islamiche nelle fila degli oppositori. Questa presenza è certificata e conosciuta, tanto che si teme di rifornire, attraverso i ribelli addirittura Al Qaeda: una situazione effettivamente non sostenibile. Rifornimenti selezionati sono invece difficili perchè richiedono un gran numero di personale direttamente impiegato sul terreno, cosa che non è gradita all'amministrazione Obama. Nell'immediato occorre comunque trovare una soluzione per evitare la caduta di Aleppo, che significherebbe la sconfitta praticamente certa per i ribelli, che si sentono sempre più isolati dai paesi occidentali, anche a causa della notizia che i rifornimenti di armi provenienti da Gran Bretagna e Francia cominceranno soltanto ad Agosto, quando potrebbero essere non più necessari. Una soluzione potrebbe essere quella di proclamare una zona di non volo per togliere l'arma aerea ad Assad, come caldeggiato dal senatore Mc Cain, ma anche questa possibilità si scontra con le intenzioni di Obama di non entrare direttamente nel conflitto, neppure con i caccia militari. Resta da vedere come gli USA, ma anche Israele, faranno fronte ad una ipotesi di permanenza al potere di Assad, cosa che potrebbe stravolgere completamente gli equilibri del medioriente.

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