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giovedì 13 giugno 2013

Iran: le poche speranze dei riformisti

Il riformismo iraniano getta tutte le sue esigue speranze di vittoria su di un candidato teologo di 65 anni, Hassan Rohani, che gode anche del favore dell'ex presidente Khatami, ma che ha contro due fattori fondamentali che compongono il quadro delle elezioni iraniane. Il primo è costituito dalla rassegnazione della popolazione, specie quella parte che si può ascrivere ai potenziali elettori di Rohani, cittadini iraniani alle prese con una sfiducia totale nelle istituzioni ormai difficile da scalfire, persone che sono guidate dalla convinzione che nulla possa cambiare il corso ultraconservatore preso dallo stato. Ai problemi sociali e politici connessi con l'esercizio dei diritti, a fiaccare ulteriormente il morale della popolazione si sono aggiunte le difficili condizioni derivanti dalla negativa congiuntura economica che sta l'Iran sta attraversando. Il secondo fattore di contrasto ad una affermazione riformista è lo stato di grave oppressione dei seguaci di questa corrente, che sono controllati in modo ferreo dalle organizzazioni islamiche al potere, come il Consiglio dei Guardiani, e che hanno subito diversi arresti per il loro attivismo. Chi detiene il potere nel paese, gli ultraconservatori ortodossi islamici, usa tutti i mezzi a disposizione affinchè non maturino le condizioni per la ripetizione degli eventi del 2009, quando una ondata di proteste seguì all'elezione del presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad. Infatti la tattica usata è stata quella di intralciare il lavoro dei candidati concorrenti, ormai ridotti al solo Rohani, unita a fare passare le elezioni quasi sotto silenzio, come un evento di secondo piano, per non fare interessare troppo la cittadinanza all'evento e così stimolare potenziali occasioni di rimostranza. Rohani, che ha cercato nel 2003 un accordo con l'occidente per bloccare l'attività nucleare iraniana, ha condotto una campagna elettorale con toni moderati, per non dare adito a contestazioni dal potere costituito, ma ha assunto un tono di disponibilità con l'occidente ed ha criticato l'eccessiva impostazione conservatrice dei suoi concorrenti, riconoscendo che chiunque sarà eletto dovrà fronteggiare la pesante situazione economica derivata dalle sanzioni internazionali. Le previsioni restano sfavorevoli al candidato del movimento riformista, che riterrebbe già una vittoria raggiungere il secondo turno, quello di ballottaggio se nessun candidato otterrà nella prima consultazione un risultato oltre il 50% dei voti.

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