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mercoledì 5 giugno 2013

Siria: le prove dell'utilizzo delle armi chimiche potrebbero cambiare il corso del conflitto

Esisterebbero diverse testimonianze sull'irruzione del tanto temuto uso delle armi chimiche nella guerra siriana. Diversi indizi medici provenienti da autopsie e sintomi registrati su feriti proverebbero l'uso del sarin, il gas nervino che colpisce il sistema nervoso. Sugli autori dell'uso di questa arma chimica, sul cui utilizzo grava la minaccia di intervento diretto nel conflitto da parte degli USA, non vi sono certezze, tuttavia la provenienza collegata ad ordigni sganciati dal cielo, farebbe propendere il sospetto per le forze regolari legate ad Assad, che dispongono, a differenza dei ribelli, di elicotteri e aerei militari. Il fatto che, per ora, si sia trattato di episodi tutto sommato limitati porta ad ipotizzare un impiego su piccola scala, che punti, nel contempo sia a minacciare i ribelli, facendo leva sulla possibilità di un utilizzo più massiccio, sia a testare il comportamento dell'occidente di fronte ad episodi di rilievo ancora contenuto. Quella che era stata definita la linea rossa invalicabile, dal presidente statunitense Obama, che doveva o meno determinare l'intervento armato americano nella guerra di Siria, si attestava appunto sull'utilizzo delle armi chimiche, il cui arsenale di Damasco risulta essere uno dei più forniti. Ora esisterebbero quindi le prove materiali dell'impiego di queste armi letali, provenienti sia da laboratori francesi, che dalla pubblicazione di un rapporto della Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite, che monitora i crimini di guerra e contro l'umanità in Siria. Gli USA già da tempo stanno controllando la situazione, ma danno l'impressione di non avere una sicura volontà di volere intervenire; l'impossibile copertura dell'ONU, per il voto contrario certo di Russia e Cina nel Consiglio di sicurezza, aggrava gli interrogativi di Washington su di una possibile missione militare, che andrebbe incontro a troppe incognite, in una situazione ben più difficile di quella trovata in Libia. Ma a fianco degli Stati Uniti vi sarebbe l'attivismo di Gran Bretagna e Francia, più propense a fare rispettare il divieto dell'uso delle armi chimiche. Sulla decisione di un possibile intervento grava anche il ruolo di Israele, autore di azioni militari in territorio siriano contro Hezbollah e la presenza dell'Iran a fianco di Assad, a cui si è aggiunta Mosca, grazie alla fornitura di armamenti anti aerei a Damasco, che pare stia per dotarsi anche di nuovi aerei da combattimento. Questi ultimi elementi aggravano il quadro della possibilità materiale di quello che era, se doveva verificarsi, l'intervento previsto, da attuarsi attraverso raid aerei, con l'esclusione dell'impiego di truppe di terra. La titubanza occidentale ad una azione condotta prima a permesso al regime di Assad di organizzare una difesa, capace di rendere molto difficile qualunque operazione aerea nei cieli siriani. Le ripercussioni sull'opinione pubblica americana sarebbero enormi nel caso della perdita di uomini e mezzi nell'ennesimo conflitto lontano dagli Stati Uniti. La questione dell'uso delle armi chimiche, d'altronde non può essere liquidata con il fatto che vi è stato un impiego limitato: intanto il loro utilizzo certificato, mette in chiaro che il regime sia ormai indotto a farne uso e ciò può essere l'elemento decisivo per la sorte finale del conflitto. Se Assad riesce a superare indenne le minacce americane e vincere il conflitto grazie all'uso impunito degli armamenti chimici, a cambiare è il quadro di stabilità, ancorchè precaria, di una regione che comprende Israele, dove il quadro complessivo è aggravato dal fatto di una permanenza al potere di un alleato di Teheran e di Hezbollah, fattore che pareva fino a poco tempo prima sull'orlo di essere scongiurato. Da valutare anche il comportamento che intenderanno seguire, in conseguenza di queste notizie, le monarchie del Golfo, fino ad ora impegnate in prima persona negli aiuti ai ribelli.

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