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lunedì 9 settembre 2013
Gli USA non attaccheranno se Assad consegnerà l'arsenale di armi chimiche
Quella proposta da John Kerry è una soluzione per evitare l’attacco contro la Siria, la cui attuazione è oltremodo difficile. In sostanza Assad potrebbe evitare l’azione militare degli Stati Uniti nel caso consegnasse, con modalità tutte da definire, l’arsenale chimico siriano. Aderendo a questa proposta, Damasco vedrebbe ridotta in maniera sostanziale la sua forza bellica potenziale. La Siria, occorre ricordarlo, è uno dei sette paesi del mondo, che non ha sottoscritto il trattato contro gli armamenti chimici ed il possesso di un arsenale, giudicato consistente, di questi armamenti è sempre stato uno dei punti di forza del regime, per dissuadere qualunque tipo di attacco da parte di potenze nemiche. Pur non avendone mai fatto uso fuori dei propri confini, le armi chimiche in possesso dello stato siriano hanno sempre svolto una funzione potenziale di tipo strategico e geopolitico. Questa caratteristica delle forze armate siriane è sempre stata ritenuta di grande pericolosità dal Pentagono ed è diventata il punto centrale del possibile attacco che Washington intende portare avanti contro Damasco. In effetti l’uso degli agenti chimici contro la popolazione ha scatenato i timori statunitensi di possibili impieghi su scala più vasta; se all’inizio le motivazioni di una azione militare erano dichiarate come una reale sanzione e ritorsione per l’uso indiscriminato contro individui non combattenti, successivamente Obama ha chiarito che la ragione principale di un eventuale attacco contro Assad è proprio quello di impedire che, sia il dittatore siriano, sia altri soggetti internazionali intendano fare uso delle armi chimiche. L’atteggiamento americano che è cambiato nei confronti di Assad, da quello iniziale che sembrava auspicasse la caduta del dittatore, a quello recente, dove si parla chiaramente dell’intenzione di non entrare nella guerra civile siriana, ma soltanto sanzionare prevenire l’uso di armi di distruzione di massa, è quindi quello di stabilire, anche mediante l’uso della forza, il divieto delle armi chimiche. Washington probabilmente pensa a tutelare il proprio territorio e le sue installazioni fuori dai suoi confini da possibili attacchi condotti con armamenti tossici, che potrebbero essere portati a compimento da cellule terroristiche rifornite però da nazioni in grado di produrre e conservare questi armamenti. Se l’opzione della consegna degli arsenali è remota, testimonia, però come sia veritiera la posizione (che costituisce una novità) americana di non ingerenza nella guerra civile siriana, malgrado le pressioni per compiere l’attacco che Washington riceve da alcuni paesi della Lega Araba, dalla Turchia e dagli stessi ribelli siriani. La proposta americana, sebbene difficilmente attuabile, dimostra che una apertura al dialogo con la Siria è possibile e che è possibile evitare il bombardamento da parte degli USA. Pur essendo di difficile realizzazione quello proposto da Kerry, potrebbe costituire un punto di partenza sul quale iniziare una discussione su cui fare lavorare i tecnici della diplomazia; anche perché Obama è stato trascinato dalle sue stesse minacce ad agire in questi termini, ma preferirebbe evitare una azione militare, che, oltretutto è sotto l’esame del parlamento statunitense. Per Assad, invece, evitare il bombardamento significherebbe concentrarsi maggiormente sul fronte interno senza distogliere uomini e mezzi per dirottarli in operazioni di difesa contro gli USA. Quelli che dovrebbero preoccuparsi maggiormente sono quei paesi e quei movimenti che facevano affidamento su Washington per rovesciare il regime di Damasco, dato che ormai appare chiaro che gli USA, almeno con questa situazione di profonda frammentazione delle forze ribelli, non intendano impegnarsi in prima persona nella contesa.
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