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lunedì 9 settembre 2013

Iran ed AIEA alla vigilia della ripresa dei negoziati per il nucleare

La questione del nucleare iraniano torna alla ribalta, in vista della ripresa dei negoziati prevista per il 27 settembre a Vienna. L’AIEA ha richiesto al nuovo governo di Teheran una impostazione maggiormente costruttiva e collaborativa, pur condizionata da una tempistica urgente. Le concomitanti vicende mediorientali, infatti, impongono una discussione più serrata per arrivare alla definizione della questione, in modo che essa non vada ad influenzare scelte di politica estera, che potrebbero superare gli eventi. La speranza dell’AIEA è che l’Iran trovi una congruenza con le preoccupazioni dell’agenzia internazionale, soprattutto sull’aspetto militare della questione, che resta il nodo centrale della trattativa. Viene anche atteso un cambio di atteggiamento nei colloqui tra le due parti, in modo che l’Iran non desti più l’impressione di procrastinare all’infinito le trattative per guadagnare tempo. A tal fine molte speranze sono riposte nel nuovo presidente Rohani, che ancora prima di essere eletto, nel suo programma elettorale, aveva annunciato una differente predisposizione sulla materia, anche in ragione della persecuzione dello scopo di ottenere una drastica, se non totale, riduzione delle sanzioni elettorali. Questo elemento è il presupposto iniziale per rilanciare l’economia iraniana, punto centrale che ha consentito di arrivare alla vittoria il nuovo presidente iraniano. Esiste, quindi, una convergenza di interessi tra le due parti, per l’AIEA chiudere il negoziato ed assicurare al mondo la natura civile del nucleare iraniano, che potrebbe finalmente favorire un esito positivo ed una conseguente distensione. Consci di questa situazione i funzionari dell’AIEA hanno enfatizzato il ruolo, essenzialmente diplomatico, che dovranno avere i colloqui. Fondamentale, per saggiare la buona volontà di Teheran, sarà l’accesso, fino ad ora negato agli ispettori internazionali, al sito di Parchin, dove si sospetta siano stati condotti esperimenti di tipo militare, relativi allo sviluppo di armamenti nucleari. Questa sarà la prova decisiva per appurare se l’Iran ha sempre detto il vero, ed in caso positivo il fattore capace di sbloccare la situazione. Chiaramente questa ispezione non dovrà essere imposta in maniera troppo decisa ma con una azione più morbida e conciliante della dignità del paese persiano, in modo, anche, di non fornire alibi di sorta. Rohani, dopo tanta buona volontà dimostrata a parole, ha, finalmente l’occasione reale di disinnescare una bomba che ha tenuto con il fiato sospeso il mondo intero, per l’intenzione di Israele di procedere ad un attacco preventivo per soffocare sul nascere i supposti tentativi di Teheran di diventare una potenza atomica. Il nuovo presidente ha sempre giustificato, continuando a proseguire il solco tracciato dal suo predecessore, che la ricerca nucleare iraniana ha il solo scopo civile, per fini energetici e medici. Rohani ha rinnovato completamente il gruppo iraniano incaricato di partecipare ai negoziati sulle questioni nucleari, indicando così, in maniera sottintesa, una maggiore volontà di fare ricorso alla diplomazia anziché puntare su di una gestione più rigida come la precedente commissione. Queste variazioni non hanno ancora convinto Israele, che non si fida neppure del nuovo presidente ed, in parte gli Stati Uniti, che sono stati i più grossi fautori della politica delle sanzioni e che si attendono aperture concrete, che potrebbero avere sviluppi diplomatici importanti anche sulla questione siriana.

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