Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
Cerca nel blog
venerdì 13 settembre 2013
La situazione egiziana sta peggiorando
La vicenda siriana ha oscurato la situazione dell’Egitto, che si sta aggravando lontano dai riflettori dell’opinione pubblica internazionale. Le parti non riescono ad arrivare ad un accordo che riporti la situazione alla calma e l’esercito sta intensificando l’azione di repressione, senza cercare più una via di pacificazione. La situazione è generalmente difficile in tutto il paese, che continua ad essere attraversato da manifestazioni di protesta ormai non soltanto provenienti dagli ambienti dell’Islam radicale, ma anche da movimenti laici, che, all’inizio appoggiavano l’azione dei militari. Soprattutto nella regione del Sinai le repressioni si sono intensificate e sono diventate più violente. Lo stato di emergenza è stato prorogato di altri due mesi; questo dato significa che le forze armate sono ben lontane da ottenere una stabilità del paese, come credevano quando hanno dato preso il potere. Nonostante che i Fratelli Musulmani ed i movimenti a loro vicini, siano, ormai senza capi, perché praticamente tutti messi in carcere dall’esercito, la capillare organizzazione, costruita in clandestinità quando al potere vi era Mubarak, permette al movimento una notevole capacità di contrasto alle forze armate, che, di contro, non riescono ad opporre altro che la violenza contro i manifestanti. Le soluzioni messe in atto dal nuovo governo egiziano stanno sempre più scontentando l’intero arco dei movimenti e dei partiti egiziani, oltre ai movimenti radicali islamici, che fin dal rovesciamento del presidente Mursi hanno manifestato chiara contrarietà, la politica messa in atto dal governo, controllato dalle forze armate, ha determinato la defezione di alcuni importanti personalità che avevano aderito al nuovo esecutivo e che lo hanno abbandonato per i metodi troppo spesso violenti usati per sedare la manifestazioni. Anche nei partiti di sinistra e liberali, che pure sono stati accesi avversari di Mursi e dei suoi seguaci, lo scontento è evidente e palpabile, anche a causa della messa in carcere di esponenti di questa parte politica, che hanno denunciato l’abuso delle violenza. L’Egitto si ritrova così ad essere al punto di partenza di quando ha iniziato la rivolta della primavera araba, prima frustrata dall’intransigenza religiosa dei Fratelli Musulmani, che non tenendo conto delle esigenze e delle richieste della minoranza hanno favorito l’intervento di un esercito che non ha mai gradito la svolta confessionale impressa allo stato. Se i Fratelli Musulmani individuano la presa di potere da parte dei militari come un colpo di stato, non hanno certamente torto, tuttavia, anche il loro esercizio del potere, ottenuto vincendo le elezioni, è deteriorato in un assolutismo religioso totalmente incompatibile con la democrazia. L’estremizzazione della volontà di impiantare un regime religioso ha impedito il naturale dialogo con forze politiche con le quali avevano combattuto fianco a fianco per eliminare la dittatura di Mubarak. Questa lettura del risultato elettorale, totalizzante, che non ha previsto contrappesi giuridici per le minoranze, ha costretto i partiti laici a rivolgere le speranze, forse compiendo un errore dovuto all’assenza di alternative, verso le forze armate, tradizionalmente ostili ai movimenti confessionali. A quel punto quello che è mancato è stato un dialogo tra le parti che sapesse mediare tra le diverse esigenze ed in questo contesto l’eccessivo irrigidimento dei partiti islamici ha fatto da detonatore per una crisi strisciante. Quello che pare emergere è l’incapacità del paese di trovare una soluzione condivisa, che denota la scarsa propensione all’esercizio democratico, dovuto ad anni vissuti sotto una dittatura ferrea, che ha soffocato ogni iniziativa sociale che partiva dal basso. Una via di uscita può essere la necessità di dare una svolta, oltre che politica, al settore economico, che versa per il paese in situazioni disperate; questa condizione determina la necessità di aiuti internazionali, senza i quali il paese è destinato al collasso. Un piano di aiuti finanziari in cambio di stabilità politica da trovare attraverso un cammino ben definito che contempli l’approvazione di una costituzione che sappia tutelare tutte le parti e le esigenze dell’Egitto, libere elezioni e normalizzazione della situazione, può rappresentare una soluzione alla quale tutte i soggetti in causa, a questo punto della crisi, non dovrebbero dire di no.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento