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martedì 29 ottobre 2013

Il prestigio di Obama incrinato dalla vicenda dello spionaggio agli alleati

La figura del presidente americano Obama è sempre stata accolta in maniera, quasi del tutto unanime nel continente europeo. Dopo gli anni di Bush junior, un presidente poco apprezzato, se non dai partiti di destra, per la sua propensione alle guerre ed a comportamenti che ricalcavano lo stereotipo del cow boy, l’arrivo del più internazionale Obama aveva alimentato la fiducia in una nuova versione degli Stati Uniti, sia sul piano interno, che su quello internazionale. I programmi elettorali, avevano acceso una speranza di una nuova dimensione dell’ordine mondiale, basato su una maggiore condivisione delle scelte, sia tra alleati, che tra nemici dichiarati o potenziali. In effetti, pur con qualche battuta d’arresto, la politica estera del primo presidente di colore della storia USA, ha subito una netta inversione rispetto a quella del suo predecessore. Seppure all’interno del recinto degli obblighi avuti in eredità dalla gestione precedente, Obama si è preoccupato subito di impostare un atteggiamento americano meno arrogante, quasi di secondo piano nelle molte occasioni storiche che si sono presentate. Non che gli Stati Uniti si siano ritirati dalle contese internazionali, ma hanno assunto un tono, in un certo qual modo più lieve, che doveva servire a dare una diversa immagine da quello che è sempre stato identificato l’imperialismo a stelle e strisce. Anche l’utilizzo più frequente della diplomazia, usata anche in maniera non sempre improntata al dialogo, come nelle ripetute occasioni delle sanzioni all’Iran ed a altri paesi, è servito per scongiurare l’uso delle armi, un comportamento pienamente in linea con il disegno della politica internazionale voluto da Obama. Insomma un comportamento, che occorre riconoscerlo, ha permesso ad Obama di assumere un profilo di livello internazionale, come non a tutti i presidenti americani è riuscito. Con la vicenda delle intercettazioni, però tutto sembra cambiare, il prestigio del presidente americano rischia di essere gravemente compromesso per un fatto oltremodo scorretto, aggravato dal dilettantismo pratico, che ne ha permesso la scoperta. La situazione di Obama ora non è quindi delle migliori: sebbene la casa Bianca ostenti un atteggiamento distaccato, praticamente non commentando i recenti fatti, il presidente americano è in mezzo a due situazioni non del tutto positive. Dal lato interno la società americana pare disposta perdonare quella che considera una necessità per tutelare il proprio paese, piuttosto quello di cui viene accusato Obama è d non difendere abbastanza l’operato delle agenzie governative, che con i loro metodi, sebbene al di fuori del diritto internazionale, avrebbero permesso una azione preventiva contro il terrorismo. Questa linea di pensiero è adottata in maggioranza dai conservatori, ma trova diversi estimatori anche tra i democratici, che ritengono le intercettazioni ai capi di stato alleati un male necessario per preservare la sicurezza nazionale. Obama, chiaramente non può assumere pubblicamente la difesa delle intercettazioni ai paesi amici e non può neppure prendersene il merito, sempre che ne fosse stato a conoscenza; viceversa se non era al corrente delle modalità di indagine delle agenzie governative, il suo ruolo risulterebbe scavalcato, denunciando una scarsa personalità e l’incompleto esercizio del potere che gli spetta. Ma se il fronte interno presenta elementi di forte contrarietà, ancora peggio sembra essere la situazione sul piano internazionale. La palese violazione delle leggi internazionali e l’inopportunità di violarle proprio nei confronti dei paesi storicamente alleati, impone ad Obama di cercare di risultare estraneo il più possibile alla vicenda. Certo una soluzione potrebbe essere addossare la responsabilità all’eccesso di zelo con cui potrebbe avere agito la NSA, senza l’avvallo della maggiore carica del paese, ma questo potrebbe configurare un sistema lacunoso nella e per la sicurezza globale. Questa impressione potrebbe autorizzare ad assumere comportamenti nuovi nei confronti dei rapporti con gli Stati Uniti e ciò verrebbe a rappresentare una indubbia sconfitta per l’impostazione della politica internazionale di Obama. Per il presidente americano una via di uscita parziale potrebbe essere rappresentata dalla presentazione pubblica di risultati effettivamente raggiunti in termini di prevenzione antiterroristica, grazie ai quali si fossero salvati degli obiettivi europei. Ciò violerebbe forse dei segreti di stato, ma potrebbe mitigare la rabbia che sta attraversando le cancellerie europee.

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