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martedì 8 ottobre 2013

La necessità di una diversa ottica da parte dell'Unione Europea sul problema migratorio

I tempi di reazione della UE alla tragedia di Lampedusa sono tutt’altro che rapidi ed efficaci. La volontà di organizzare un sistema di sicurezza e salvataggio, da parte della Commissione europea, si concreta in questi giorni con la proposta che il commissario agli Affari Interni, Cecilia Malmström, presenterà ai ventotto ministri dell’Interno dei paesi dell’Unione Europea. Ancora una volta il lavoro di controllo e gestione delle frontiere esterne sarà a carico dell’agenzia Frontex, un organismo comunitario che dispone di un budget limitato e che ha una sede, Varsavia, molto decentrata rispetto alle principali zone in cui si verificano gli episodi di immigrazione clandestina. Attualmente il bilancio previsto per l’anno in corso è di soli 85 milioni di euro, una cifra pressoché irrisoria per fronteggiare un fenomeno, che si registra sempre più in crescita a causa di guerre, ricadute della crisi economica e l’impatto forte delle carestie in zone molto vaste del continente africano. La volontà, quindi, di organizzare una copertura efficiente dell’agenzia Frontex, su di un tratto di mare molto esteso, che va dalla Spagna a Cipro, richiede uno sforzo economico ulteriore da parte dei governi europei, per una maggiore contribuzione al budget dell’organismo comunitario. Inoltre la sola partecipazione alla spesa non è sufficiente se non è integrata da un sostegno politico forte ed univoco e quindi condiviso, che sia in grado di elaborare proposte valide, sia all’interno dell’Unione , che all’esterno, soprattutto in fase di realizzazione di accordi con i paesi di transito dei migranti. Se queste necessità non saranno soddisfatte, si rischia l’ennesima sequela di buone intenzioni, senza l’effettivo seguito pratico, una situazione già vista più volte. L’Italia, data la propria posizione geografica è il paese più vulnerabile e rappresenta la meta più vicina per i viaggi della speranza di milioni di disperati che fuggono dai propri paesi per migliorare condizioni sempre più spesso inumane. Una soluzione sarebbe quella di affidare a Roma la gestione di Frontex , per garantire un più diretto controllo delle frontiere meridionali, dato che l’assegnazione del comando dell’agenzia a Varsavia pare un controsenso, si a per la distanza enorme dal teatro dei fatti, sia per l’oggettiva inesperienza sul campo, necessaria ai funzionari che operano nell’organismo. Tuttavia la UE sembra restia ad una soluzione del genere, mentre sulla possibilità di aumentare la contribuzione del bilancio non pare ci sia una convergenza da parte degli stati membri. Si comprende, che con queste premesse, che lasciano la situazione inalterata, i programmi della commissaria Malmström, restino poco più che buone intenzioni. Invece i problemi da risolvere nell’immediato sono di almeno due tipi: il primo è quello di abbassare la mortalità dei viaggi dei migranti, che si aggira intorno all’otto per cento, tramite una efficace rete di sorveglianza, che possa permettere di individuare le imbarcazioni, soprattutto quelle in difficoltà, che tentato di raggiungere le coste italiane; fino ad ora questa rete non ha funzionato se non è riuscita ad individuare in maniera capillare i natanti che tentano la traversata dalle coste africane. Direttamente connesso con questo aspetto vi è la disponibilità di imbarcazioni in grado di salvare i naufraghi: ciò comporta un continuo pattugliamento dei tratti di mare interessati, che non può essere a carico soltanto dello stato italiano, occorre elaborare un sistema basato sull’alternanza della nazionalità delle navi usate per questo scopo. Il secondo problema è quello dell’accoglienza: se Lampedusa è il territorio europeo più vicino, ma non bisogna dimenticare Malta, che spesso ha trasgredito le disposizioni europee sull’accoglienza dei migranti, è necessario dotarla di una base di smistamento e transito dei profughi, sotto il controllo diretto della UE, anche tramite Frontex, se sufficientemente finanziato, per assicurare un trattamento di primo livello adeguato ed una successiva assegnazione ad un paese dell’unione, elaborato su di una base di equanime divisione dei profughi, anche in relazione ad altre variabili, come la presenza di cittadini extracomunitari giunti in Europa da altre vie. Se queste sono le condizioni per ovviare allo stato di urgenza, deve essere intrapresa, in parallelo, una azione politica forte, condotta in prima persona dall’Unione Europea per stringere accordi con i paesi di transito, in modo da rallentare gli ingressi nell’area della UE. Si tratta di pensare piani di collaborazione, nel pieno rispetto dei diritti umani, che deve essere sempre accertato, con gli stati da cui partono i migranti per favorire un diritto di asilo anche in questi paesi, finanziando progetti di tipo economico, che possano integrare, come forza lavoro, chi fugge dal proprio paese. Un esempio chiaro di una situazione potenzialmente favorevole che non viene sfruttata è quella libica. La Libia è la nazione da cui partono con maggiore frequenza le imbarcazioni dei migranti, ma è anche un paese, che dopo la cacciata di Gheddafi ha visto fuggire gli stranieri che costituivano una grande percentuale della forza lavoro. Se Tripoli viene inserito in un progetto, che contempli aiuti finanziari e politici, che venga, cioè, assistita la crescita difficile di istituzioni che sono totalmente nuove per il popolo libico, non è impossibile immaginare la possibilità di creare lavoro, in uno stato con grande disponibilità di materie prime e scarsa densità di popolazione, per chi fugge con l’idea di arrivare in Europa. Quella che deve essere percorsa è una strada dove i migranti possono trovare accettabile vivere anche paesi che non sono europei. Non è un progetto di facile, ne da attuare sul breve periodo, ma potrebbe rappresentare una soluzione efficace ad un problema sempre più pressante. A tale scopo non sarebbe da scartare neppure una proposta francese, di qualche tempo addietro, che pensava l’attuazione di una organizzazione sovranazionale degli stati del Mediterraneo. Inquadrare in tale cornice, sempre con la collaborazione della UE, una operazione di accoglienza dei migranti potrebbe essere più agevole e costituire anche una base di partenza per progetti di più ampio respiro.

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