Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

venerdì 11 ottobre 2013

La situazione alla vigilia del vertice di Ginevra sul nucleare iraniano

Mentre il vertice di Ginevra sul programma nucleare iraniano si avvicina, i contatti tra le due parti starebbero intensificandosi. Il presupposto su cui si basano questi contatti non è l’illusione di risolvere rapidamente i profondi contrasti che sono intercorsi, specialmente tra Iran ed USA, ma creare una base di partenza per iniziare ad ottenere risultati tangibili. La necessità iraniana di ottenere una iniziale riduzione delle sanzioni, per portare risultati concreti e oggettivi in patria,obbliga il governo di Teheran a presentarsi all’appuntamento con una maggiore disponibilità al negoziato, rispetto alle occasioni precedenti. A questo proposito il presidente del parlamento iraniano Ali Larijani, una personalità importante della parte conservatrice e particolarmente vicino al leader supremo della nazione, ha dichiarato che l’Iran è in grado di tranquillizzare l’occidente circa le sue preoccupazioni sull’effettivo scopo della ricerca atomica del paese. Questa dichiarazione è giudicata particolarmente importante e significativa, nel quadro della questione, perché proviene dalla parte politica del paese che più ha appoggiato la politica condotta dal governo precedente, fatta di una chiusura estrema verso ogni possibile forma di dialogo sull’argomento ed avallano implicitamente la direzione che Rohani ha sempre affermato, fin dall’inizio del suo insediamento, di volere perseguire e cioè costruire la fiducia tra l’Iran e la comunità internazionale. La necessità per Teheran di uscire da un isolamento, che ha portato soltanto un crisi economica molto grave e l’uscita dal consesso internazionale, si è fatta più pressante ed è avvertita dal tessuto sociale del paese; soltanto così si spiega il risultato elettorale che ha portato al governo i moderati in un paese sempre molto condizionato dalle forze confessionali e conservatrici. Per dare seguito allo slancio derivante delle responso delle urne, Rohani deve mettere in pratica al più presto il suo programma elettorale, che verte sul conseguimento della riduzione delle sanzioni. Il primo punto da risolvere consiste nel dissipare i dubbi sullo scopo effettivo del programma nucleare: l’opinione pubblica mondiale deve essere rassicurata in modo certo e sicuro che, dietro alla ricerca atomica iraniana, non si nasconda un intento militare. Questo sospetto è radicato negli Stati Uniti, cui non sono certo bastate le aperture del presidente iraniano, e soprattutto in Israele, che teme di diventare il principale bersaglio di Teheran, nel momento in cui questa diventasse una potenza atomica. Certamente il discorso sarebbe diverso se venisse dimostrato che gli impianti iraniani fossero effettivamente costruiti per scopi civili, infatti è stato lo stesso presidente Obama a riconoscere il diritto all’Iran di costruire centrali nucleari per produzione di energia elettrica. Per fare ciò Rohani deve garantire una trasparenza che fino ad ora è mancata, ciò significa permettere agli ispettori dell’ONU l’accesso ai siti considerati sospetti, anche con un frequenza costante inquadrata in un calendario prefissato in maniera rigida. La dimostrazione di collaborazione rappresenta dunque il requisito essenziale per potere aprire una trattativa che contempli, prima l’attenuazione delle sanzioni, per poi arrivare, in un tempo difficilmente quantificabile, alla definitiva cancellazione dello strumento di pressione che Obama ha imposto all’Iran. Si tratterà chiaramente di un percorso che dovrà avvenire parallelamente alla effettiva certificazione della reale natura del programma atomico iraniano. Per Rohani, però la difficoltà non è soltanto sulle trattative internazionali ma la disponibilità dimostrata dal governo di Teheran, se è piaciuta a settori consistenti dell’opinione pubblica interna, ha aperto anche grandi contestazioni da parte dei conservatori e degli appartenenti ai movimenti religiosi, gruppi spesso coincidenti o comunque molto vicini, che hanno stigmatizzato quelle che vengono considerate aperture troppo disinvolte verso lo storico nemico statunitense. Questi ostacoli non sono da sottovalutare perché potrebbero frenare il processo di pace, rallentando le procedure di controllo degli ispettori, vanificando gli sforzi diplomatici del nuovo esecutivo del paese.

Nessun commento:

Posta un commento