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lunedì 11 novembre 2013
Le difficili elezioni egiziane
L’Egitto di avvia alle nuove consultazioni elettorali per il parlamento, previste per il prossimo anno nel mese di Febbraio o di Marzo, come affermato dal ministro degli esteri egiziano. L’obiettivo è così quello di effettuare le elezioni presidenziali all’inizio dell’estate. Questi passi sono obbligatori per il governo egiziano, che ha rovesciato Mursi e messo fuori legge i Fratelli Musulmani, per ristabilire la condizione di democrazia nel paese, condizione più volte richiesta dalla platea internazionale ed in modo speciale dagli Stati Uniti, preoccupati per la svolta autoritaria imposta dai militari. Se queste intenzioni nono possono che essere definite positive, lo scenario che si apre per il paese egiziano, con la competizione elettorale praticamente fissata, è di aperta incertezza. Senza l’ammissione del gruppo più organizzato all’opposizione dell’esercito, la fratellanza musulmana, che voleva imporre una ingerenza troppo pressante della legge islamica nell’ordinamento del paese, viene a mancare una importante quota di rappresentanza della società egiziana, che rischia, oltre di non partecipare al voto, anche di essere indirizzata in modo massivo verso posizioni estremiste in grado di mettere a repentaglio quello che precede le operazioni di voto e la consultazione stessa. Il potere di mobilitazione dei Fratelli Musulmani, già ampiamente testato nelle manifestazioni contro Mubarak, rappresenterà sicuramente una preoccupazione per il governo e per i militari, che non dovranno cadere nella trappola della repressione; anche se appare difficilmente evitabile che il direttivo dei radicali islamici, seppure decapitato da ripetute operazioni di polizia, rinunci alla propria visibilità per rivendicare i propri diritti. I sentimenti dei gruppi più vicini alla fratellanza musulmana, ed anche di molti sostenitori che li avevano votati alle ultime elezioni, sono di avere ricevuto una ingiustizia con la deposizione di Mursi ed il rifiuto di qualunque forma di collaborazione con il nuovo governo non ha fatto altro che accentuare le profonde differenze, accentuate anche da episodi di repressione molto dura. Il rischio più concreto è che le piazze si riempiano di nuovo per manifestazioni che, potenzialmente, presentano elevati rischi di degenerazione, senza contare i possibili episodi isolati consistenti in attentati mirati a gettare il paese nel terrore, come tattica tesa a scoraggiare l’esercizio del voto in maniera massiccia, per delegittimare l’appuntamento elettorale. Se questo scenario dovesse verificarsi, anche a causa di un difetto di prevenzione del governo in carica, che non pare trovare canali di comunicazione concreti verso gli aderenti della fratellanza, una eventualità molto concreta potrebbe di nuovo essere la presenza massiccia dell’esercito nelle strade egiziane, un elemento non proprio favorevole al clima di una elezione democratica. Questo risultato potrebbe essere il frutto della tattica della fratellanza per una ulteriore delegittimazione dell’appuntamento elettorale specialmente verso il panorama internazionale, con gli USA in prima persona, che hanno la necessità di stabilizzare l’Egitto, per non inserire un ulteriore elemento di disturbo nella delicata questione mediorientale. Paradossalmente, quindi, la posizione più difficile è quella dei militari, che pur avendo il potere, devono trovare equilibri tali da non permettere elementi di disturbo, pur mantenendo un atteggiamento rispettoso della democrazia. In effetti si tratta di un equilibrismo difficile da attuare, senza risposte adeguate dalle parti avverse.
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