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venerdì 20 dicembre 2013
La Cina affronta il problema inquinamento
Il problema dell’inquinamento ambientale ha assunto ormai proporzioni allarmanti nel paese cinese: la grande spinta economica, che ha puntato essenzialmente sul settore manifatturiero, ha imposto elevati consumi di energia, causando valori dell’aria fortemente alterati ed altamente nocivi per la popolazione. Il dato medico più rilevante è che la maggiore causa di morte per i cittadini cinesi di sesso maschile è rappresentata dai tumori ai polmoni e la stessa causa è la seconda tra le donne. Il dato sociale diventa così altamente rilevante e connesso con i costi economici, che direttamente, spese sanitarie, ed indirettamente, perdita di lavoratori e di conoscenza, vanno ad influire sul bilancio della Cina. L’uso troppo spinto del carbone, come fonte di energia, rappresenta una delle principali cause dell’inquinamento, ed è significativo che nelle città dove vi sono impianti industriali alimentati con questo combustibile, l’incidenza delle neoplasie collegate al sistema respiratorio sia una prova evidente degli effetti nefasti dell’alterazione dei valori dell’aria sulla qualità e sulla durata della vita. Un esempio esplicativo di questo andamento statistico è rappresentato dalla capitale, dove il cancro ai polmoni è cresciuto del 56% nel periodo compreso tra il 2001 ed il 2010 e dove questa malattia costituisce un quinto del totale di tutti i malati oncologici. Secondo i dati rilevati a Pechino relativi alla concentrazione di particolato si è arrivati a punte di 800-900 microgrammi per metro, quando i valori raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbero aggirarsi intorno a 25 microgrammi per metro quadrato. Si tratta di differenze enormi, che permettono di comprendere, meglio di qualsiasi altra ricerca, il perché della grande diffusione delle patologie oncologiche relative all’apparato respiratorio. La situazione di Pechino non rappresenta un caso isolato, ma è comune a tutto il paese e si concentra nelle aree industriali e nelle città ad alta densità abitativa, dove lo smog provocato dai veicoli ad autotrazione si aggiunge all’inquinamento dei complessi produttivi. Non è raro che diverse città della Cina siano costantemente avvolte in uno strato di spessa nebbia prodotta dai fumi inquinanti, che oltre a provocare problemi respiratori, impedisce anche il passaggio della luce solare.
Si tratta, quindi, di una vera e propria emergenza sociale, che ha imposto al governo cinese di stanziare un budget di circa 211.000 milioni di euro per i prossimi tre anni, per cercare di arginare questo fenomeno che riguarda l’intera nazione. La percentuale maggiore, circa il 36%, sarà dedicata ad investimenti per depurare l’aria dal particolato, mentre il 28% sarà investito in sistemi di energia rinnovabile; la parte restante per costruire veicoli con motori capaci di essere fortemente meno inquinanti. Questa direzione impressa dal governo cinese, che si sta mostrando più sensibile ai temi ambientali, non solo per la gravità dei dati riguardanti le patologie connesse con i fenomeni inquinanti, ma anche per l’azione di pressione dei gruppi ambientalisti e per la aumentata sensibilità generale della popolazione, rappresenta una relativa novità nel panorama politico cinese, che non può più rimandare problematiche comuni ad altri paesi. Anche con il Partito unico le difficoltà oggettive non possono essere liquidate, specie in una società sempre meno isolata e che ha preso coscienza dei diritti più elementari. D’altra parte a questa soluzione pensata dall’apparato, manca una visione più inserita nel contesto mondiale, con un’ottica capace di avere una panoramica sul fenomeno dell’inquinamento sul piano globale; ciò, però, è coerente con la politica cinese sulla gestione dei propri problemi, cui non sono ammesse ingerenze esterne. Da rilevare anche l’importanza preminente del dato economico: la Cina resta un paese preoccupato di crescere il più possibile, tornando anche con tassi a due zeri: per perseguire questi programmi, più che eliminare l’inquinamento, o anche ridurlo fortemente, occorre, più che altro, un equilibrio sostenibile tra i due fattori, dove il più importante resta sempre l’aumento del prodotto interno lordo.
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