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giovedì 19 dicembre 2013
La corsa al riarmo del Giappone
La crescente insicurezza che sta caratterizzando il sud est asiatico impone al Giappone una revisione della dislocazione delle sue truppe, un aumento della spesa militare ed il ripensamento della collaborazione con altri stati per una strategia di difesa comune. Sono fondamentalmente due i pericoli da cui il Giappone si sente minacciato: la Cina e la Corea del Nord. Dalla sconfitta della seconda guerra mondiale, per il volere degli americani, la costituzione giapponese prevedeva una impostazione pacifista, con la presenza di truppe di auto difesa; durante la guerra fredda la presenza dei militari giapponesi era concentrata nei territori nord orientali del paese, per difendersi da una potenziale aggressione sovietica. I nuovi equilibri mondiali, con la Cina divenuta super potenza economica, ma ora anche militare ed i continui scontri con Pechino, hanno imposto a Tokyo una nuova impostazione della propria politica di difesa. Il budget sarà aumentato del 5% complessivamente per la spesa militare dei prossimi cinque anni, ed interesserà l’ammodernamento di tutte le forze armate, attraverso l’acquisto di sottomarini, aerei da combattimento, missili, droni ed unità navali, in modo da assicurare la protezione della parte sud occidentale del paese, quella più esposta ad un eventuale attacco cinese. L’obiettivo è anche quello di creare una forza di intervento rapido, anche con il presidio di isole disabitate, ma che possono costituire un avamposto tattico efficace, nel caso di attacco alla nazione. Si capisce che questa eventualità riguarda la Cina, che ha accresciuto notevolmente la sua forza militare, grazie alla propria capacità economica e con la quale il Giappone ha in corso forti tensioni per il problema delle isole contese. Ma questo motivo è soltanto la punta dell’iceberg di un problema più generale, che è dato dalla politica espansionistica cinese nella regione, che, agli occhi di Tokyo, sembra essere rivolta ad un cambiamento degli assetti degli spazi navali ed aerei del Mare cinese orientale. In quest’ottica, pur partendo dalla alleanza con gli USA, che rappresentano il migliore alleato per il Giappone, il governo di Tokyo punta a migliorare ed intensificare una collaborazione, sul piano della difesa, con Corea del Sud, India ed Australia. Il rapporto con i primi due paesi è chiaramente strategico in funzione anti Cina: Seul ha in corso dei contenziosi con Pechino simili a quelli del Giappone, mentre Nuova Delhi è la capitale dello stato emergente in maggiore competizione con il paese cinese, soprattutto in ambito economico. Tuttavia non è solo la Cina a preoccupare il Giappone, anche la Corea del Nord, sia per la sua situazione politica interna, che per il fatto di possedere l’atomica, rappresenta una minaccia concreta per Tokyo, anche in seguito alle esplicite e periodiche minacce che provengono da Pyongyang. Per fronteggiare questo pericolo si è pensato ad una protezione missilistica che possa assicurare una copertura in caso di attacchi da parte di vettori nordcoreani, essendo questo l’unico mezzo con il quale Pyongyang potrebbe eventualmente colpire il suolo giapponese. Per aumentare l’efficacia del processo decisionale del comando militare è prevista la costituzione di un Consiglio di sicurezza nazionale, che accorci la catena di comando, aumentando la velocità di risposta e di attivazione dell’apparato difensivo. Questa decisione di riarmo del Giappone, è stata accolta, come era prevedibile, con preoccupazione in Cina, dove è ancora vivo il ricordo dell’occupazione nipponica durante la seconda guerra mondiale, con il suo strascico di atrocità compiute dai giapponesi sulla popolazione civile. Malgrado gli intensi scambi commerciali sviluppati durante questi anni tra i due paesi, nella società cinese l’invasione dei militari di Tokyo è ben presente nella memoria collettiva della Cina ed una corsa agli armamenti del Giappone rappresenta un segnale di apprensione notevole. Questo elemento è sfruttato dal governo di Pechino come facile propaganda nell’indirizzare la popolazione cinese verso l’ostilità al Giappone. In realtà la preoccupazione dei vertici cinesi è che una accresciuta presenza militare ostile nella zona del Mare Cinese Orientale, e soprattutto nelle isole contese, possa alzare il livello dello scontro diplomatico, causando la presenza in quelle acque anche di forze statunitensi. L’obiettivo di Pechino resta quello di assicurarsi la maggior parte di zona economica esclusiva e la riorganizzazione militare giapponese sembra potere diventare un freno alle ambizioni cinesi.
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