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giovedì 12 dicembre 2013
Siria: i possibili sviluppi, dopo l'avanzata dei radicali islamici
L’evoluzione che si sta presentando nel campo dell’opposizione siriana non potrà che giocare a favore di Assad. L’avanzata delle milizie islamico radicali, che ha provocato, la ritirata delle truppe ribelli che si riconoscono in nella lotta per dare alla Siria un futuro democratico, ha avuto come conseguenza immediata il blocco delle forniture non militari, proprio a questa parte degli oppositori di Damasco, con il risultato di indebolirli ulteriormente di fronte alle formazioni facenti capo ai combattenti islamici. Londra e Washington hanno deciso in modo praticamente istantaneo, dopo l’avanzata del Fronte islamico, per evitare che le attrezzature inviate, veicoli, apparati di telecomunicazioni, medicinali e finanziamenti in denaro, potessero finire nelle mani sbagliate. Questo sviluppo giustifica, dunque, la titubanza di Obama nell’attaccare Assad, temendo una Siria ancora più ostile di quella attuale per l’occidente e finisce proprio per favorire il dittatore di Damasco nella sua permanenza al potere. Dall’altro lato, all’interno di una alleanza sempre più lacerata, operano i paesi del Golfo, con in testa l’Arabia Saudita, che preme per una presa di potere da parte dei sunniti, tra le cui fila, però, vi sono diversi elementi riconducibili ad Al Qaeda, che vuole fare del paese siriano il proprio laboratorio politico e militare dal quale lanciare la guerra islamica. Per ora le monarchie del Golfo non hanno interrotto i rifornimenti di armi, verso tutte le parti della ribellione, ritenendo preminente, nella loro visione regionale, la caduta di Assad, per togliere un alleato fondamentale all’Iran e credendo di riuscire a controllarne un ipotetico governo futuro. Questo fatto, oltre a provocare problemi con Washington, appare come un errore di valutazione molto grave per gli sviluppi che potrà presentare. Una Siria, strappata all’influenza dell’Iran, ma divenuta un califfato estremista, non potrà che essere un problema di gestione internazionale per l’occidente, che incolperà le monarchie saudite per l’avventatezza della scelta, mettendo in pericolo un’alleanza duratura, sviluppata con gli USA in maniera strategica; se questo elemento dovesse venire meno, si tratterebbe di un grosso inconveniente, con Al Qaeda vicino ai confini di casa. La valutazione delle monarchie del Golfo potrebbe rientrare in una sorta di gioco d’azzardo, i cui risultati sono tutt’altro che scontati. Per ora il risultato più urgente da raggiungere è rappresentato dalla caduta di Assad, da ottenere con qualunque mezzo, anche attraverso l’impiego di terroristi e miliziani poco affidabili, ma non è impossibile pensare che sia già stata prevista una seconda fase, che contempli l’allontanamento di queste formazioni per l’instaurazione di un governo della Siria liberata, composto da elementi e forze più presentabili nel panorama internazionale. Se questo è il piano saudita, non si può nascondere che presenti grandi incognite: infatti conquistare il paese liberandolo dalle milizie islamiche, ora ben armate, non dovrebbe essere facile, anche se queste non dispongono della forza aerea, contro la quale avrebbero ben poco scampo. In ogni caso per il paese siriano la pace si allontanerebbe ulteriormente. Vi è però la variabile americana, perché in un caso del genere, l’intervento delle forze USA sarebbe quasi obbligato, sia per debellare Al Qaeda da un paese chiave come la Siria, sia per proteggere Israele, sia perché, infine, con l’Iran fuori gioco, non verrebbero messi a repentaglio i nascenti rapporti di collaborazione; inoltre verrebbe recuperato pienamente il rapporto di collaborazione con l’Arabia Saudita, ora pericolosamente incrinato. Resta da valutare il fattore tempo, la Siria e soprattutto la sua popolazione, è in ginocchio, il massiccio esodo dei profughi ha svuotato un paese, riempiendo i campi profughi nelle nazioni circostanti, lasciando in condizioni proibitive per il freddo, persone già duramente provate dal lungo periodo di guerra e che, con la prospettiva di passare da Assad alla sharia, non possono ritornare alle loro case, peraltro nella gran parte distrutte. L’emergenza umanitaria, nelle analisi politiche e militari, viene troppo spesso trascurata e sottovalutata, anche da chi, per ragioni istituzionali, come l’ONU, dovrebbe essere in prima fila per prodigarsi in una qualche soluzione di compromesso. Ma anche questa ipotesi appare lontana, sfumata nei giochi di potere e nella geopolitica che sta dominando la guerra di Siria.
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