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venerdì 3 gennaio 2014
Estremisti sunniti prendono il controllo di due città in Iraq
La situazione si fa sempre più difficile in Iraq tra sciti e sunniti. Lo stato irakeno non riesce a superare le profonde divisioni religiose e politiche che stanno lacerando la società del paese. Governato con pugno di ferro da Saddam, nel paese non emergevano gli attuali contrasti perché la politica governativa era costituita da feroci repressioni, che più spesso riguardavano gli sciti, dato che al potere vi era una maggioranza sunnita. L’avvento americano, che ha liberato il paese da Saddam, senza normalizzare la situazione, ha lasciato una nazione formalmente sempre unita all’interno degli stessi confini, ma governata da un esecutivo debole, senza la forza di pacificare una situazione pregressa fatta di forti contrasti. Come soluzione estrema sarebbe forse stato meglio dividere l’Iraq in tre entità separate, che rispecchiassero le divisioni presenti: sunniti, sciti e curdi. Se questi ultimi, anche per il grande aiuto dato all’esercito americano, godono di una autonomia amministrativa che ne fa quasi una parte a se stante all’interno dello stato, gli altri due gruppi sono rimasti sostanzialmente soggetti all’autorità centrale di Bagdad.Al difficile rapporto fatto di risentimento reciproco per il precedente trattamento patito o goduto sotto il regime di Saddam, si è aggiunta l’estremizzazione della rivalità religiosa ed anche elementi di politica internazionale, che non vedono estranee potenze tradizionalmente su campi opposti come l’Iran e gli stati del Golfo. Non è un mistero che l’Iran finanzi gli sciti e pensi ad una sorta di tutela per le zone da loro abitate, se non addirittura una annessione delle province scite. Per contro gli stati del Golfo puntano all’affermazione della parte sunnita, anche per togliere parti dell’Iraq all’influenza di Teheran. In questo quadro, sempre più complesso, dove la responsabilità americana continua ad essere elevata e dove la voce di Washington si registra solo per il suo silenzio assordante, si inseriscono elementi di frattura con gli equilibri, seppur fragili, del paese e che si concretano con infiltrazioni di terroristi e commistioni di questi con esponenti della Jihad islamica. La sovrapposizione tra combattenti jihadisti ed appartenenti ad Al Qaeda è ormai un dato di fatto in alcune aree del paese, dove si sono verificati veri e propri assalti alle stazioni di polizia ed alle carceri, con conseguente liberazione di prigionieri; anche le moschee sono state occupate. Lo stato irakeno ha, di fatto perso la propria sovranità, nelle città di Falluja e Ramadi, dove le truppe governative non riescono a riprendere il controllo. Si tratta di due città che sono due roccaforti dell’estremismo sunnita, dove pare che migliaia di combattenti radicali hanno occupato gli edifici del governo ed ora impediscono il ritorno dell’esercito con tattiche di guerriglia, presidiando gli accessi alle città con cecchini piazzati sui tetti degli edifici più alti. Se il governo legittimo non riuscirà a riprendere il controllo del territorio e riportarlo sotto la propria sovranità vi è il rischio di una saldatura ancora maggiore con gli estremisti sunniti che combattono nella confinante Siria, dove potrebbe concretizzarsi l’unione di territori sotto il controllo sunnita strappati ad Assad con quelli irakeni sfuggiti alla sovranità di Bagdad. Questa eventualità è un progetto della rete terroristica di Al Qaeda e degli estremisti islamici, che intendono creare un califfato dove la legge fondamentale sia la sharia e che possa costituire la base per il terrorismo islamico mondiale. Sottovalutare quanto sta accadendo in Iraq appare, quindi, molto pericoloso per gli assetti futuri degli equilibri mondiali ed in questa ottica si può comprendere come non sia avvenuto l’attacco militare contro Damasco da parte degli USA e si sia preferito mantenere il paese irakeno ancora unito. Tuttavia è anche vero che ciò ha favorito gli estremisti in Siria, perché le forze democratiche non hanno potuto contare su eguali aiuti, mentre in Iraq, la mancata concessione dell’autonomia ai sunniti, in un ambito controllato, ha permesso di sviluppare il malcontento sfociato nell’estremismo. Una situazione quindi di difficile lettura ed ancora più ardua soluzione, che non deve assolutamente essere lasciata a se stessa, ma ricondotta sotto una qualche forma di controllo, anche tramite l’aiuto internazionale.
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