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giovedì 9 gennaio 2014

Giappone: Shinzo abe vuole un ruolo da protagonista per il paese nel sud est asiatico

In quella che viene definita come la regione chiave della produzione mondiale, perché comprende, la Cina, la Corea del Sud ed il Giappone, il ruolo che Tokyo vuole interpretare, dopo un anno di governo di Shinzo Abe, è quello del protagonista. Sullo sfondo di una situazione mondiale, paragonata dallo storico David Stevenson, analoga alla situazione europea del 1914, caratterizzata, cioè, dalla presenza di un soggetto dominante, gli USA, in fase calante, ma non bilanciata abbastanza dal soggetto emergente, la Cina, che incontra delle chiare difficoltà nell’assumere effettivamente il ruolo di grande potenza, il Giappone cerca di ritagliarsi la propria posizione in un contesto molto difficile, per il retaggio storico e le nuove dispute territoriali, il tutto all’interno di un riarmo plurale, che può portare la regione sull’orlo di un pericoloso conflitto. Shinzo Abe ha iniziato ad imprimere una svolta al paese nipponico attraverso una politica economica aggressiva in modo da sconfiggere la stagnazione che affliggeva il paese. Per ora si sono visti soltanto gli effetti positivi di questa politica espansiva, che se non sarà consolidata potrà avere effetti futuri pesanti sull’inflazione, tuttavia, il punto saliente dell’azione di Shinzo Abe, risiede nella politica estera e nella variazione della carta costituzionale del paese, funzionale a sancire il passaggio da un assetto militare prettamente difensivo ad uno che possa consentire un assetto organico alle esigenze di inquadramento nei sistemi di sicurezza integrati con il maggior paese alleato: gli USA. In realtà questa ragione non è la sola motivazione reale per giustificare l’ingente budget militare giapponese: il crescente peso militare della Cina, incrementato per sostenere la propria ambizione geopolitica, ha suscitato non poche preoccupazioni in un paese, come quello nipponico, dove il partito di maggioranza, quello del premier, ha vinto le scorse elezioni impostando la sua campagna elettorale sull’orgoglio nazionale. Quella che è in gioco è la leadership regionale, che può consentire notevoli benefici a livello economico tramite la gestione delle zone economiche esclusive ed il controllo delle vie delle merci. Se appare obiettivamente difficile che il Giappone possa scalzare questo primato alla Cina, anche con l’aiuto degli Stati Uniti, l’obiettivo di Shinzo Abe è quello di garantire, comunque al Gippone una posizione importante sullo scacchiere regionale, anche a discapito di paesi alleati come la Corea del Sud. Quello che si è venuto a creare, ed è in continuo divenire, è uno scenario dove l’incertezza e l’equilibrio precario ne sono gli elementi caratterizzanti; infatti non si tratta soltanto di paesi su fronti contrapposti ad essere presenti, ma anche rapporti che rischiano di essere compromessi all’interno di alleanze consolidate. L’avversione che suscita il Giappone a causa del suo leader, che ha visitato in modo provocatorio un sito scintoista, dove sono stati seppelliti dei criminali di guerra, non è avvertita soltanto a Pechino, ma anche a Seul, a causa del comportamento delle truppe di occupazione giapponesi durante il secondo conflitto mondiale. Si tratta si sentimenti mai del tutto sopiti, che le propagande nazionali, cinese e sudcoreana, ripropongono per compattare le rispettive opinioni pubbliche contro Tokyo, da quando è partita la contesa per le isole e, soprattutto, i giacimenti marini sotto di esse, ed anche l’effettiva sovranità sulle rispettive zone economiche esclusive, che si estendono nelle acque prospicienti i relativi paesi. Il Giappone, nei confronti di queste questioni, con l’insediamento al potere di Abe, ha assunto una condotta decisamente più intransigente e poco propensa ad una soluzione negoziata, con il risultato di avere esasperato una situazione sempre sull’orlo di un potenziale conflitto. Per gli Stati Uniti l’effetto è duplice: se, da un lato, Washington ha la sicurezza di avere un alleato fedele e meglio armato, dall’altro, ha la consapevolezza di avere al proprio fianco un paese diventato intransigente e poco propenso a soluzioni negoziate, che complica le relazioni con l’avversario principale, la Cina, ed anche con un alleato prezioso, la Corea del Sud. Gli USA rischiano, così, di trovarsi ad arbitrare una contesa tutta interna all’alleanza che conducono e che può indebolirla politicamente, proprio di fronte a Pechino. Ma Tokyo è conscio della sua indispensabilità per la politica estera americana nel sud est asiatico e pare approfittare di questa condizione, ripetendo la situazione, con tutti i distinguo del caso, che gli USA patiscono in medio oriente dal comportamento di Israele.

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