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venerdì 3 gennaio 2014
La Tunisia verso la nuova Costituzione
Il paese da cui sono partite le primavere arabe, la Tunisia, si prepara a varare la revisione della costituzione. In realtà il processo,partito nell’ottobre del 2011, doveva essere già abbondantemente completato, ma la situazione di grave instabilità del paese, condizionato da forti conflitti sociali e dalla crescita dei movimenti integralisti, ha subito ripetute fermate. Le trattative tra le forze politiche hanno richiesto pazienza e sacrifici per tutti i soggetti impegnati nella stesura della carta costituzionale, a causa delle grandi differenze riscontrate tra i diversi punti di vista presenti. Tuttavia l’impegno comune della classe politica del paese è stato quello di concludere il processo di adozione della legge fondamentale entro la data storica del 14 Gennaio 2014, terzo anniversario della cacciata di Ben Alì. L’obiettivo è quello di arrivare all’approvazione dentro al parlamento, ottenendo la maggioranza dei due terzi sui 217 componenti dell’assemblea per evitare il referendum popolare, fatto che costituirebbe un fallimento per i rappresentanti eletti dal popolo. Con l’adozione della nuova costituzione la Tunisia potrebbe finalmente uscire dall’immobilità amministrativa seguita all’omicidio di un deputato dell’opposizione, avvenuto lo scorso 25 luglio. Infatti le nuove disposizioni dovrebbero portare alle dimissioni del governo in carica, eletto con la vecchia legge e condurre il paese a nuove elezioni entro il 2014. Materialmente la costituzione sarà costituita da un preambolo e 146 articoli, anche se sono stati presentati oltre 200 emendamenti con lo scopo di introdurre l’Islam come una fonte di diritto, ma le probabilità sulla riuscita di queste intenzioni sembrano molto poche. Sono stati introdotti principi che limitano il potere delle cariche politiche, in base all’esperienza vissuta con Ben Alì, e sono stati previsti meccanismi di legge a tutela degli organi costituzionali. In materia di diritti umani è stata espressamente prevista la libertà di parola e di riunione ed il diritto di sciopero. Per la classe politica tunisina l’ambizione è di creare una carta che sancisca la Tunisia come prima democrazia araba e che possa costituire un esempio anche per altri paesi che hanno seguito un analogo percorso. Nonostante queste intenzioni, che rappresentano un passo avanti nel processo di democratizzazione della Tunisia, in particolare e dei paesi arabi in generale, alcune organizzazioni non governative, tra le quali Amnesty International e Human Rights Watch, hanno rilevato che le norme relative ai diritti umani sono vaghe e non prevalgono sulle leggi nazionali, inoltre la parità tra i sessi non pare tutelata abbastanza. Questi rilievi denotano come la componente islamica risulta ancora fondamentale nel condizionare il processo di avanzamento verso la democrazia dei paesi arabi, si tratta di una presenza ingombrante capace di rallentare la costruzione di una normativa che sappia tutelare pienamente i diritti della totalità delle persone e che mira a preservare alcuni spazi di manovra nelle società arabe, in modo da esercitare la propria azione. Agli occhi degli occidentali è difficile comprendere come questo possa accadere in paesi che sono stati a lungo schiacciati da dittature anche feroci e che rischiano, come ha fatto l’Egitto, di ritrovarsi in una nuova forma di regime, tuttavia il grande appoggio di cui godono i movimenti islamici nella popolazione è dovuto al fatto di avere spesso rappresentato, durante le dittature, l’unica forma di opposizione a contatto con le persone, pagando anche a caro prezzo questo attivismo. La loro visione della democrazia, in questo momento, non può essere uguale ai laici ed ancora meno agli occidentali, ma già il fatto che accettino i compromessi con forze politiche avverse, per costruire un terreno comune, denota una volontà di non tornare indietro verso forme più illiberali di governo. Se questo progetto riuscirà la Tunisia, il paese più piccolo del mondo arabo, acquisterà ancora maggiore prestigio come esempio di cammino e coesistenza tra mondo laico e mondo confessionale, uniti sui grandi principi per guidare un paese e potrà fornire il suo aiuto a paesi considerati più importanti, che ancora non riescono ad elaborare una dialettica tra parti in questo momento molto distanti.
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