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giovedì 6 febbraio 2014

Al via le trattative tra governo pakistano e talebani

Il primo incontro tra i talebani pachistani ed il governo di Nawaz Sharif dovrebbe cercare di mettere fine a sette anni di insurrezione armata da parte dei gruppi islamisti. Ma la trattativa si preannuncia difficile e con poche possibilità di successo. Gli ostacoli maggiori sono rappresentati dalle condizioni poste dai talebani, tra cui spicca la richiesta di applicare la sharia, come legge fondamentale del paese. Questo obiettivo è centrale nella strategia dei talebani fin dal 2007, data di inizio della campagna di attentati perpetrati proprio con questa finalità. Il Pakistan è un paese di 180 milioni di abitanti, dove le condizioni economiche della popolazione sono disastrose e dove la sovranità del governo è assicurata soltanto nella capitale ed in alcune altre zone, che rappresentano soltanto la minoranza del totale del territorio, inoltre, per gli Stati Uniti, di cui è formalmente alleato, non è un partner affidabile a causa della connivenza di parte delle alte sfere militari e dei servizi segreti con i terroristi islamici. In questo quadro è maturata l’importanza dei gruppi fondamentalisti, che uniti ai gruppi tribali hanno sottratto intere regioni al controllo dello stato. Per il nuovo governo fermare l’attività terroristica è diventato prioritario, ma l’esecutivo non ha i mezzi per sconfiggere definitivamente i gruppi islamici e non può contare sull’aiuto americano, sia per le difficoltà incontrate dalle forze armate di Washington, sia per non alienarsi troppo la pubblica opinione, che non vede di buon occhio un rapporto troppo stretto con gli USA. Questo ultimo punto rappresenta una ulteriore condizione posta dai talebani per intavolare un accordo. Quello che i talebani imputano al governo di Islamabad è di essere troppo succube degli Stati Uniti e della loro guerra al terrorismo. Gli insorti patiscono la presenza di truppe statunitensi aldilà dei confini pachistani, in Afghanistan, ed anche l’uso dei droni sul territorio del Pakistan. In effetti gli USA, pur avendo ridotto le azioni militari nel territorio pachistano, tra cui molte azioni non concordate e non autorizzate, hanno agito ancora recentemente nelle regioni tribali, per colpire ed eliminare il leader talebano Hakimullah Mehsud, ritenuto una minaccia diretta per gli Stati Uniti. I talebani chiedono al governo del Pakistan, che queste azioni, ed anche quelle contro Al Qaeda, loro alleato, cessino. L’esecutivo di Islamabad è, così, in una posizione molto sfavorevole, perché, pur facendo appello alla propria sovranità, di cui, peraltro, sulle regioni talebane non vi è concreto esercizio, sa già che gli USA continueranno a colpire se individueranno potenziali minacce a loro dirette. Con queste premesse è difficile intravvedere un avvicinamento delle posizioni delle due parti, le condizioni poste dai talebani sono troppo stringenti e non tengono conto del sicuro rifiuto di un soggetto terzo, gli USA, sul quale il governo pachistano non ha alcun potere di trattativa. Anche dove vi potrebbe essere una possibilità di azione dell’esecutivo di Islamabad, sulla questione della applicazione della sharia come legge del paese, la possibilità che questa richiesta si realizzi appare molto remota. La composizione del Pakistan vede una forte presenza musulmana, circa il 97% degli abitanti, che ne fa il secondo paese al mondo per diffusione dell’islamismo, ma questo, a sua volta, vede una divisione che corrisponde all’ottanta per cento di sunniti e del venti per cento di sciti, che rappresentano la seconda nazione al mondo per concentrazione di questa corrente dell’Islam. Nel restante tre per cento vi sono induisti e cristiani. Questa composizione della società del paese rende molto difficile l’applicazione della legge islamica, anche se gli episodi di intolleranza religiosa sono in crescita ed una buona parte della popolazione, anche al di fuori dei talebani, potrebbe essere favorevole a questa decisione.

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