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lunedì 10 febbraio 2014
Le possibili conseguenze del referendum svizzero sulla UE
L’esito del referendum svizzero offre almeno tre chiavi di lettura differenti. La prima consiste nel voto contro l’immigrazione in generale, come, cioè accezione del rifiuto del diverso. Questa concezione sta alla base del voto, in quanto è fondante sulla discriminazione dello straniero, visto come portatore di alterazioni allo stato delle cose in essere. La seconda, però, sembra contrastare con la prima: il voto è contro l’immigrazione di cittadini, in modo speciale i frontalieri, con cui si ha in comune un patrimonio culturale quasi identico. Il caso del voto nel cantone ticinese, quello di lingua italiana, è esplicativo, visto che si è votato contro i cittadini italiani della confinante regione Lombardia. In questo caso sulle ragioni del voto contrario non sembrano presentarsi le condizioni del primo caso, tuttavia un’analisi differente non può porre in risalto come questa determinazione degli svizzeri non racchiuda un eccesso di chiusura volto a tutelare la specificità territoriale, anche contro la quella che è ritenuta una invasione, seppure da persone culturalmente affini. La terza chiave di lettura verte sulle ragioni economiche: se può esserci qualche ragione pratica, consistente nella motivazione che i frontalieri accettano paghe più basse dei cittadini elvetici, per impieghi analoghi, questa potrebbe essere facilmente aggirata con una legge dello stato che vieta diseguaglianze di trattamento per i lavoratori che esercitano uno stesso impiego. La motivazione economica nei votanti svizzeri ha costituito la molla principale intorno alla quale coagularsi e la giustificazione per evitare di essere accusati di razzismo, ma in realtà il rifiuto è indirizzato contro lo straniero, in generale, e contro la UE, in particolare. Infatti le tendenze contrarie a Bruxelles, nate nei singoli paesi dell’Unione, contro la circolazione e l’assistenza fornita ai cittadini europei degli stati più poveri, da parte dei più ricchi, ha generato diversi movimenti di pensiero, anche a livello istituzionale, come nel Regno Unito ed in Germania, che hanno permesso la maturazione di un sentimento anti immigrazione anche fuori dai confini della UE. Certo la Svizzera era già un terreno fertile ma con questo risultato l’onda rischia di ritornare indietro e condizionare ampiamente trattati già firmati. Si può ben comprendere, infatti, le resistenze di Londra e Berlino, in un momento difficile come questo per l’economia, ma allora la UE doveva essere maggiormente selettiva prima e non dopo avere ammesso paesi già in ampia difficoltà. Il voto svizzero può mettere in difficoltà Bruxelles sulla libera circolazione dei cittadini europei e creare anche situazioni dove la UE potrebbe entrare in conflitto con gli stati che vogliono contingentare per legge l’immigrazione proveniente dagli stati membri, che sarebbe una legge in contrasto con le direttive europee. Potrebbero quindi aprirsi degli scenari di aspro contrasto tra le istituzioni centrali ed i governi dei singoli paesi, che potrebbero anche prefigurare ipotesi sanzionatorie. Questa eventualità appare comunque remota, se in Germania dovesse passare questa linea difficile che Bruxelles intenda mettersi di traverso, tuttavia la conseguenza più logica sarebbe allora la riscrittura delle regole vigenti, fatto che potrebbe veramente portare a quell’Europa a due velocità tanto auspicata, ad esempio, dagli inglesi; questo perché passare dalla limitazione della circolazione, inteso soprattutto come fatto economico, risulta essere molto vicino anche al doppio valore della moneta unica. Questo scenario farebbe, però, naufragare tutte le possibilità di una maggiore unione politica, cosa a cui Berlino tiene tantissimo: insomma un pasticcio difficile da risolvere che potrebbe partire dal semplice risultato di un referendum svizzero.
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