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giovedì 27 febbraio 2014
Obama minaccia di ritirare tutte le truppe dall'Afghanistan
La riluttanza a firmare gli accordi bilaterali di sicurezza da parte del presidente afghano uscente, Karzai, ha irritato il suo omologo americano, Obama, che ha minacciato un ritiro totale dall’Afghanistan, di tutto il personale militare. La questione dell’accordo bilaterale che gli USA cercano da mesi, è ferma a causa delle resistenze di Karzai dovute, tra le altre cose, all’influenza delle varie assemblee degli anziani, che non vedono di buon occhio le tutele giuridiche per militari USA; l’accordo, infatti, dovrebbe prevedere, tra le altre cose, dei trattamenti giuridici differenti per i militari statunitensi; su questo punto vi sono proprio le differenze maggiori. Karzai, sa però, che un Afghanistan senza più la presenza militare americana è uno stato destinato ad essere riconquistato dai talebani e da Al Qaeda, la sua tattica è quella di procrastinare l’eventuale firma dell’accordo passandone la responsabilità al nuovo presidente, in quanto egli è alla conclusione del secondo mandato e non è più rieleggibile.. Questo atteggiamento non rassicura Washington, che per presentare al paese il prolungamento della missione, seppur a ranghi ridotti, non può farlo senza le adeguate garanzie per i propri soldati. In realtà abbandonare l’Afghanistan al suo destino è l’ultima cosa che vogliono gli americani. La guerra contro i talebani è costata grandi sacrifici ed i risultati raggiunti verrebbero vanificati lasciando a presidiare il difficile territorio le sole forze armate del paese, giudicate ancora impreparate. Inoltre una riconquista dell’Afghanistan da parte dei Talebani, principali alleati di Al Qaeda, aprirebbe all’organizzazione terroristica la concreta possibilità di creare una base logistica, sia per le proprie campagne militari, sia come esempio di stato integralista islamico. Tuttavia le esigenze americane non riguardano soltanto il rapporto con la pubblica opinione del paese, ma anche con le esigenze organizzative del Pentagono, che deve avere tutte le garanzie richieste per predisporre il mantenimento della forza residua. Malgrado tutti i candidati n corsa per l’elezione a presidente del paese si dichiarino favorevoli alla continuazione della partnership strategica con gli USA, la Casa Bianca richiede prima le garanzie necessarie. L’esperienza irachena ha segnato molto la strategia americana: l’Iraq, lasciato solo a stesso, senza la forza sufficiente per proteggersi è diventato un focolaio del terrorismo islamico internazionale e lo stato non riesce ad esercitare la propria sovranità su tutto il suo territorio. Il caso iracheno rappresenta, per gli americani, un chiaro errore da non ripetere, inoltre l’Afghanistan rappresenta un avamposto necessario per la presenza americana in una parte dell’Asia niente affatto pacificata e contraddistinta da equilibrio precario. La chiusura della base USA in Kirghizistan, sotto la pressione russa, ha poi accentuato questa necessità. Per tutte queste ragioni le minacce di Obama sembrano avere il solo scopo di accelerare la firma dell’accordo, anche se l’atteggiamento di Karzai potrebbe provocare un ulteriore ridimensionamento del personale schierato; le ipotesi vanno da un massimo di 25.000 uomini, ritenuto il dispiegamento che assicura la maggiore efficacia, fino ad impegno per sole 3.000 unità, che non consentirebbe però la mobilità sufficiente per il controllo di tutto il territorio. Per la Casa Bianca resta comunque il problema dell’avversione dell’opinione pubblica, contraria con il valore del 66% ad un mantenimento dei militari americani nel paese afghano.
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