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lunedì 3 marzo 2014

Le opzioni americane per reagire alla Russia

Di fronte alle manovre della Russia in Crimea, che rischiano di allargarsi al territorio dell’Ucraina immediatamente contiguo, Mosca sembra avere un margine di manovra molto ampio, soprattutto nei confronti degli altri soggetti internazionali. Gli Stati Uniti, che appaiono i maggiori antagonisti della Russia, sembrano essere stati colti di sorpresa dall’attivismo di Putin. Probabilmente alla casa Bianca credevano che tutto potesse risolversi con dei moti di piazza e, forse, con una trattativa diplomatica da lontano. L’azione voluta dal Cremlino ha scompaginato lo scenario a cui si erano preparati gli Stati Uniti, che si sono ritrovati senza una visuale futura alternativa. Questa impreparazione ha posto gli USA in una posizione di debolezza conclamata, che Putin doveva avere ben calcolato e previsto. Ora ad Obama, che deve registrare l’ennesimo smacco in campo internazionale, non restano che misure diplomatiche e minacce di tipo economico. Non potendo prospettare un impiego militare in risposta all’azione russa, se non con una presenza, potenzialmente pericolosa, di mezzi navali al’interno del Mar Nero, sfruttando l’alleanza della Turchia, gli americani devono puntare tutto sulla carta dell’isolamento diplomatico. La prima misura prospettata sarà la cancellazione del vertice di G8 in programma a Soci, in territorio russo, nel prossimo mese di giugno, per la sospensione già approvata da parte, oltre che dagli USA, di Canada, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia. Questa soluzione potrebbe essere propedeutica all’esclusione definitiva dal consesso del G8 della Russia, determinando un isolamento internazionale molto grave per Mosca. Questa decisione potrebbe essere anticipata da sanzioni economiche e sospensioni dei visti per il personale diplomatico russo. Per il Segretario di stato, Kerry, è importante dare una risposta coordinata dalla comunità internazionale a favore del sostegno al paese ucraino. Questo congelamento dei rapporti tra Washington e Mosca rischia, però, di avere conseguenze molto negative sui processi di pace che si cerca di instaurare in diverse zone del mondo. Diventerebbero a rischio le trattative sulla questione siriana ed anche i negoziati per il nucleare iraniano, vanificando gli ingenti sforzi fatti fino ad ora. Se sulla questione iraniana si potrebbe avanzare lo stesso anche senza i russi, sulla Siria è impensabile trovare soluzioni condivise senza Mosca. Non è escluso che proprio per questa ragione, sia una di quelle che hanno indotto Putin a muovere le sue truppe senza temere troppo le reazioni internazionali. Tuttavia, se nel breve periodo, la Russia si sta affermando come vincitrice in virtù della prova di forza messa in atto, a cui non sono possibili risposte internazionali adeguate e sullo stesso tenore, occorrerà verificare gli effetti delle misure a cui andrà incontro. Se in ottica preventiva le mosse degli USA e della UE, sono state inadeguate e non hanno scongiurato l’intervento armato, in un quadro di reazione si potrebbero verificare delle misure tali da decretare, in un lasso di tempo più ampio, un progressivo isolamento, che per la Russia determinerebbe condizioni non certo positive. Ma l’azione di Washington rischia di essere vanificata dalle situazioni contingenti: la prima, come già detto, riguarda la necessità della presenza della Russia per i negoziati di pace in corso, la seconda è data dalla dipendenza di diversi paesi della UE, soprattutto quelli più orientali, che sono legati a Mosca per il loro fabbisogno energetico. Questa seconda circostanza potrebbe spaccare la già fragile unità della UE in politica estera e togliere così un alleato prezioso per gli USA. Certo è che una riedizione del bipolarismo USA-URSS, nella nuova versione USA-Russia, appare fortemente improbabile nel mondo attuale caratterizzato dalla globalizzazione e da un assetto fortemente multipolare; sarà così decisiva la capacità di addensare intorno alle diverse ragioni gli stati terzi, che, per ora, sono stati restii a pronunciarsi. Molto importante sarà la posizione che vorranno assumere paesi come la Cina, il Brasile, l’India o organizzazioni come la Lega Araba. La dottrina prevalente in politica estera per la Cina è sempre stata quella di non accettare coinvolgimenti negli affari interni di un paese, per cui occorrerà vedere quale sarà la valutazione che sarà data all’intervento in Crimea, che tecnicamente è una invasione della Russia nel territorio ucraino. Pechino potrebbe però considerare le ragioni dei russi come legittime e continuare ad affiancare Mosca, come finora ha fatto nella sede del Consiglio di sicurezza dell’ONU, con l’intento strategico di contenere l’influenza americana. Occorre poi considerare il precedente analogo alla situazione odierna, di quando la Russia invase la Georgia su basi molto simili all’attuale manovra. Anche allora la reazione di Washington non risolse nulla e le relazioni tra i due stati ripresero, pur condizionate da reciproca diffidenza. Adesso, però, l’interesse diretto nella questione ucraina da parte della UE ed in modo particolare della Germania, giunto alla volontà di frenare l’influenza russa proprio da parte degli Stati Uniti, dovrebbe fare assumere alla vicenda una differente valenza. Resta da ricordare l’aspetto strategico, a livello mondiale, della presenza dei gasdotti sul territorio di Kiev, che aggiungono un motivo fondamentale alle questioni geopolitiche. Insomma le variabili in campo sono molteplici e per la soluzione della crisi, molto dipenderà da quale atteggiamento Putin deciderà di tenere nel prosieguo della vicenda.

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