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mercoledì 19 marzo 2014

Le prossime possibili mosse di Putin

Conquistata la Crimea, attraverso l’invasione militare, l’appoggio della popolazione russa e la patina di falsa legalità del referendum, per Putin, adesso, viene il tempo delle scelte sulle mosse successive. Gli scenari possibili presentano una gamma di conseguenze variabili, che possono sollevare problematiche diplomatiche di una certa rilevanza. Il tema centrale immediato è il rapporto con l’Ucraina: il Cremlino può decidere di fermarsi militarmente alla Crimea e scegliere di non avanzare, nonostante le sollecitazioni delle altre popolazioni di lingua russa appartenenti alla parte orientale del paese ucraino. Difficilmente la Russia intende rinunciare ad espandere il proprio dominio su queste terre, tuttavia la pressione internazionale, che ha già decretato l’espulsione di Mosca dal G8, potrebbe indurre Putin ad una tattica attendista, favorita dalla grave situazione economica di Kiev. La Russia potrebbe investire lo stesso nel paese ucraino, per alimentare la contrapposizione tra filo europeisti e filo russi, in modo da sobillare ulteriormente la grave situazione sociopolitica del paese. Questa strategia richiede un tempo più lungo, rispetto ad azioni più incisive, ed avrebbe come obiettivo minimo l’ottenimento di una sorta di neutralità da parte di Kiev tra Europa, con gli USA, e la Russia. Mosca in questa maniera otterrebbe la tanto sospirata cintura di sicurezza intorno al suo territorio, in modo da non dovere patire ancora da sindrome da accerchiamento. Ma l’obiettivo massimo di questa strategia sarebbe la vittoria dei filo russi, ottenuta con robuste iniezioni di denaro, in modo da portare l’Ucraina ufficialmente al fianco della Russia. Questa battaglia si combatterebbe a colpi di finanziamenti, arma di cui i russi dispongono senz’altro in quantità maggiore della UE. Putin potrebbe insistere in questa strategia, spingendosi ad influenzare anche altre popolazioni russofone, come la Moldavia e le tre repubbliche Baltiche. L’obiettivo sarebbe alterare l’equilibrio interno di questi paesi per creare sommovimenti sociali, tali da favorire l’intervento russo in una gamma molto ampia di possibilità, che va da quello politico, fino a quello militare. Il Cremlino nel 2008 ha creato il precedente della Georgia, dove si è arrivati ad usare l’apparato bellico, come è accaduto anche in Ossezia. Certo questa opzione non potrebbe lasciare agli USA la possibilità di esercitare una reazione debole come per la Crimea, tuttavia, se per le repubbliche Baltiche l’uso della forza è certamente da escludere, l’eventualità di scatenare disordini deve essere tenuta in debito conto dagli analisti di Bruxelles e Washington. Esiste poi l’opzione peggiore, riguardante l’Ucraina: l’avanzata dei mezzi militari nel paese fino al cuore dello stato. Qesta eventualità potrebbe basarsi sulla giustificazione che la popolazione russa è a rischio, ripetendo lo schema usato per la Crimea. In questo caso, Putin dimostrerebbe di avere la necessità di muoversi rapidamente per conquistare, senza mezzi termini, l’Ucraina, sacrificando la convivenza internazionale ad obiettivi strategici di breve periodo. Tecnicamente l’esercito russo potrebbe muoversi da sud, con i mezzi ed i soldati presenti nella base di Sebastopoli, mentre da est verrebbero mosse le unità presenti a Rostov sul fiume Don. Un impatto del genere spazzerebbe via con facilità le difese militari dell’Ucraina ed conquisterebbe il paese in poco tempo. Questa opzione, però, date le condizioni attuali di tensione internazionale, sarebbe una vera e propria dichiarazione di guerra all’occidente, che, a quel punto, non potrebbe non rispondere.

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