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martedì 11 marzo 2014

L'Ucraina vorrebbe una soluzione diplomatica della disputa con la Russia

Il proposito del primo ministro ucraino, di volere cercare a tutti i costi una soluzione pacifica per la Russia, attraverso i canali diplomatici, sembra arrivare in ritardo, a meno che ciò non implichi, come scontato, il distacco della Crimea verso Mosca; ma anche questo potrebbe non bastare più. L’evoluzione della vicenda, con le forze armate nella penisola abitata in maggioranza da russi e la grave situazione economica di Kiev, su cui incombe l’ingiunzione di pagamento del gas russo, impone un atteggiamento più pragmatico al governo ucraino. Certamente la soluzione diplomatica appare la migliore, ma, nello stesso tempo, questo atteggiamento con la Russia, doveva essere adottato prima. Ciò vale, sia per gli ucraini, che per gli occidentali, che si sono arroccati, anche con ragione, dietro ad una prassi del diritto internazionale alquanto flessibile e lacunosa, soprattutto per casi del genere. La giusta condotta da tenere era un atteggiamento più conciliante da entrambe le parti, una soluzione possibile era quella finlandese, dove si lasciava all’Ucraina, proprio per la sua posizione peculiare, uno spazio di manovra politico internazionale più ampio, che evitasse di legare il paese ad una sola parte escludendo totalmente l’altra. In questo modo non si sarebbe esasperato Mosca e non si sarebbe provocato la sua reazione, comunque fuori dai canoni del diritto internazionale. Mentre l’Europa ha tenuto un atteggiamento pavido, ma tutto sommato prudente, gli USA hanno forzato la mano per spingere il paese ucraino esclusivamente verso l’occidente, per i propri scopi geopolitici, senza valutare le possibili soluzioni negative. La reazione di Mosca rientra invece, proprio in questa casistica, che non è stata prefigurata negli scenari possibili dagli strateghi di Washington. Se esistevano delle pregiudiziali di natura interna alla condotta del presidente Yanukovich, autore di una azione di governo fortemente condizionata dall’alto livello di corruzione, resta anche vero che quello che ha provocato la crisi in modo definitivo è stata la necessità di reperire aiuti finanziari per un paese in forte crisi. A fronte dei miliardi di euro messi a disposizione dalla Russia, la UE ha risposto soltanto con deboli stanziamenti che non avrebbero potuto risolvere la crisi strutturale di Kiev. Con un paese in preda ad una forte polarizzazione, diviso in due sull’adesione alla Russia o alla UE, si doveva, soprattutto da parte dei diplomatici di Bruxelles optare per un regime di alleanze transitorio, tale da non scontentare la Russia, ma che permettesse anche un avvicinamento sul lungo periodo verso l’Europa. Con questa serie di errori, le credenziali per una trattativa serena tra l’Ucraina, con il sostegno occidentale e la Russia, come proposto dal primo ministro ucraino, non appaiono molto alte. Il Cremlino ha già praticamente conquistato la Crimea, occorrerà vedere se intenderà andare avanti, anche nelle zone più orientali del paese ucraino e come intenderà esercitare la riscossione del debito di Kiev. Inoltre l’auspicio del premier di Kiev si scontra anche con la realtà attualmente presente nei rapporti tra USA e Russia. Il dialogo tra le due potenze è ad un punto morto, soprattutto dopo che il Segretario di stato Kerry ha rifiutato di compiere la visita a Mosca, a cui era stato invitato dal suo omologo russo. Sul fronte militare, al rafforzamento continuo delle posizioni militari russe in Crimea, la NATO ha risposto con ricognizioni in Polonia e Romania per preparare ogni possibile scenario, che possa prevedere l’impiego di azioni di forza. Tutta l’evoluzione comporta quindi l’inconsistenza della proposta del premier ucraino, che pare sorpassata dagli eventi e sommersa dalla potenza degli attori in gioco, nei cui confronti Kiev, ma anche la UE, è ormai diventata un soggetto di secondo piano rispetto alla più ampia questione internazionale.

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