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giovedì 13 marzo 2014
Occupazione, lotta alla corruzione e sviluppo sostenibile, sono gli obiettivi della Cina
In un quadro economico condizionato da una crescita prevista del “solo” 7,5 %, il tasso più basso da venticinque anni, la Cina deve affrontare una dura lotta alla corruzione, che rischia di creare un malcontento sempre più diffuso, che può sfociare in disordine sociale, fino a minare le fondamenta stesse dell’apparato statale. Il premier cinese ha ribadito ancora una volta, che sarà applicata la tolleranza zero nel combattere la corruzione endemica, che oltre ad essere un rischio sociale, rischia di comprimere anche l’andamento economico del paese. Se la Cina continua a guardare con attenzione alle sue politiche produttive verso i mercati esteri, non può più trascurare il mercato interno, che, date le sue dimensioni, rappresenta un potenziale altissimo. Occorre quindi ridurre le differenze sociali, sia nel tessuto urbano, dove sono minori, che nel rapporto città campagna, dove gli squilibri sono ancora maggiori. Per fare ciò occorre incentivare l’impresa privata e favorire l’occupazione. Un grosso freno a queste leve di sviluppo è stato individuato nell’eccessiva burocratizzazione, fattore strettamente legato alla corruzione. Già lo scorso anno con la semplificazione della burocrazia e con il decentramento amministrativo, sono state create il 27% di imprese in più, di cui il 30% a regime privato. Secondo i dirigenti cinesi, che hanno partecipato alla sessione del Congresso nazionale del popolo, la necessità del paese è quella di creare, ogni anno dieci milioni di posti di lavoro nelle zone urbanizzate. Si comprende come, per adesso la lotta alla diseguaglianza passi per un inurbamento delle masse contadine, che devono costituire il serbatoio di manodopera per l’industria. La scelta cinese è quella di concentrare la popolazione in zone ben delimitate, sia per favorire il processo produttivo, ma anche per esercitare maggiore controllo politico. Deve anche essere specificato che la strategia mira a combattere i comportamenti dei funzionari periferici, di solito i più corrotti, perché lontano dai centri del potere centrale, limitandone la potenziale influenza mediante la riduzione dei soggetti da loro amministrati. La misura però denota anche una debolezza del potere centrale, che esercita un forte accentramento delle funzioni amministrative, proprio perché non riesce ad esercitare un controllo adeguato sui centri periferici. L’eccessiva burocratizzazione è stato giustamente individuato come fattore destabilizzante, anche se non si comprende come un apparato che garantisce un ferreo controllo politico non riesca a fare altrettanto contro la corruzione. Del resto la lotta a questo fenomeno non pare impostata per ragioni principalmente egalitarie, quanto come ostacolo certo allo sviluppo economico ed anche come fattore di pericolo per il sistema. Questa visione appare così limitata e non lascia intravedere aperture nei confronti dei diritti civili e politici. Nonostante ciò i dirigenti cinesi hanno messo nella loro agenda il miglioramento della qualità della vita dei cittadini e la lotta all’eccessivo inquinamento, che sta diventando un costo sociale e sanitario troppo elevato anche per la grande liquidità cinese. Senza una riforma del sistema di vita cinese attuale, sembra difficile che Pechino possa ottenere risultati apprezzabili contro il fenomeno dell’inquinamento, dovrebbe essere ridiscusso l’intero approccio improntato alla produzione basata sui grandi ritmi di lavoro. Soltanto con una produzione improntata ad una maggiore qualità si potrà sovvertire l’andamento attuale. Ma occorre essere in grado di soddisfare determinati mercati.
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