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giovedì 24 aprile 2014
Gli USA inviano truppe in Polonia e nei paesi baltici
La decisione degli USA di inviare un contingente di circa 600 unità in Polonia e negli stati Baltici, per partecipare ad esercitazioni congiunte, appare una risposta che tende ad accontentare le paure degli stati ex sovietici, senza irritare troppo il governo russo. La misura è del tutto nella strada che ha scelto Obama, improntata alla soluzione diplomatica, piuttosto che ad un potenziale confronto militare, fatto di schieramenti di truppe sulle rispettive frontiere. Per la verità la Russia ha già schierato, prima negando poi giustificando con la ragione di una esercitazione, un contingente molto più ampio, ma per il Presidente USA era importante, soprattutto sul piano internazionale, non essere sullo stesso piano del collega di Mosca. Tuttavia le pressioni, dovute alle paure degli stati che fecero parte del Patto di Varsavia, hanno obbligato l’amministrazione americana, anche in forza del trattato NATO vigente, dare un segnale di attenzione verso questi paesi. Il contingente impiegato è poca cosa rispetto alle forze russe che sono oltre i confini orientali dall’Ucraina, ma è anche un segnale per il Cremlino, che vuole indicare che gli USA non scartano l’ipotesi, ancorché remota, di un impegno in prima persona nel caso dell’allargamento della situazione ucraina verso ovest. Questa possibilità, di coinvolgere ulteriori paesi oltre all’Ucraina, è ritenuta comunque abbastanza improbabile da tutti gli analisti in maniera univoca, quello che potrebbe verificarsi più probabilmente, anche se non è ancora detto, è una annessione dei territori dell’Ucraina Orientale alla Russia, sul tipo del caso della Crimea. Questa eventualità porterebbe le truppe di Mosca relativamente vicino alla Polonia, alla Romania ed agli stati baltici, che vivono ancora in un retaggio storico di avversione alla Russia, legato ai rapporti seguenti alla fine della seconda guerra mondiale. Dopo la caduta del muro di Berlino e l’affrancamento da Mosca, in questi paesi è sopravvissuta comunque la paura di quello che era definito l’orso sovietico e la politica nazionalistica di Putin non ha fatto che rinforzare questi sentimenti, già molto sentiti anche senza la prova di forza della Crimea. Per gli USA resta fondamentale assicurare una vicinanza concreta ai paesi dell’ex blocco sovietico, che hanno assunto una importanza peculiare nella strategia americana di contenimento dell’espansionismo russo, nello stesso tempo gli obblighi del trattato della NATO, in particolare l’articolo cinque, impegnano gli Stati Uniti, quale membro principale dell’alleanza atlantica, ad un impegno in prima persona, che oltre al valore pratico, assume anche un significato simbolico e soprattutto politico. Tuttavia per Obama è importante dividere questi significati in due direzioni: una come segnale di appoggio ai paesi NATO dell’Europa orientale, ma, allo stesso tempo, non deve troppo irritare la Russia, per continuare la trattativa in campo diplomatico. Si tratta di mantenere un equilibrio tra avanzamento delle trattative, sanzioni alla Russia ed appoggio militare agli alleati presenti sullo scenario. L’operazione non consente di commettere errori nel dosaggio di tutti gli ingredienti, che non devono essere assolutamente esagerati, pena il fallimento dell’intera costruzione su cui si basano le attuali relazioni tra Mosca e Washington ed i loro sviluppi.
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