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lunedì 14 aprile 2014

La reazione di Kiev e l'isolamento internazionale russo

Il contrattacco dell’Ucraina, per difendere il suo territorio orientale, minacciato dalla Russia, che cerca di applicare nuovamente lo schema Crimea, appare come una reazione comprensibile, anche se gravida di conseguenze pericolose. Mosca afferma che dietro l’escalation di Kiev non vi sia altro che Washington; ciò può essere vero, ma se gli USA hanno deciso di agire in questo modo lo hanno fatto per l’eccessivo dispiegamento di forze del Cremlino vicino al confine ucraino. Si è dentro una vicenda dove sembra che tutti concorrano a sbagliare o, all’opposto, facciano di tutto per fare precipitare la situazione. La Russia dopo avere preso la Crimea in modo subdolo, attraverso la giustificazione di un referendum farsa, non si è accontentata, malgrado le dichiarazioni di intenti differente dal proprio comportamento ed ha continuato nel suo programma di smembramento dell’Ucraina. Kiev non può permettere un tale sviluppo della situazione ed è stata costretta all’azione. Tuttavia la disparità delle forze in campo è tale che la vittoria militare russa, nel malaugurato caso di conflitto, risulta praticamente certa. Per Kiev la reazione significa anche obbligare la comunità internazionale, in particolare la titubante UE, ha schierarsi finalmente in modo aperto contro il sopruso russo. Ma le ragioni diplomatiche non potrebbero nulla senza un appoggio in qualche modo assicurato dagli Stati Uniti, i quali, oltre a rispondere alle proprie ragioni geopolitiche, devono anche fare fronte ai timori atavici dei paesi dell’Europa orientale entrati a fare parte della NATO. I paesi baltici, la Polonia, la Romania e l’Ungheria, hanno temuto a lungo una sorta di risveglio dell’orso russo, che non ha mai perso le prerogative espansionistiche dei tempi sovietici. L’argomento centrale della politica di Putin è quella di riportare la Russia al rango di grande potenza mondiale come era per l’URSS. Il senso di accerchiamento di Mosca ha sviluppato una reazione contro i vecchi alleati del Patto di Varsavia ed il timore che anche l’Ucraina entrasse a fare parte dell’alleanza atlantica ha provocato il disegno di dividere il paese ucraino sulla base della presenza di popolazioni russofone. Se da un lato vi è stata probabilmente una ispirazione nelle manifestazioni di piazza contro il governo filorusso di Yanukovich, è logico che dietro le occupazioni dei palazzi del potere ucraino nei territori orientali vi sia la Russia. L’attuale risposta dell’Ucraina, però, forse non era calcolata; Mosca pensava che Kiev non sarebbe mai passata dalle minacce di intervento alla messa in pratica delle stesse. Putin, conducendo una lotta di retroguardia, che mandava avanti le organizzazioni filorusse ha probabilmente pensato che fosse sufficiente per la ripetizione dello schema che gli ha permesso di prendere la Crimea. Saltata questa costante con la variabile ucraina, favorita dalla minore presenza rispetto alla Crimea di sostenitori pro Russia, Mosca si trova ora di fronte alla difficile scelta di rispondere a sua volta o di ritirarsi dalla contesa. Si tratta di un quesito di difficile soluzione, innanzitutto per il praticamente totale isolamento internazionale in cui si trova la Russia. Nella riunione convocata d’urgenza, dallo stesso Cremlino, del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per il degenerare della questione ucraina, la Russia è sola a sostenere la propria teoria, di fronte alle potenze occidentali compatte ed alla neutralità della Cina, che non si discosta di un millimetro dalla sua solita linea di condotta, che non prevede alcuna ingerenza nei fatti interni delle singole nazioni. Se la Russia decidesse di intervenire militarmente andrebbe incontro ad una gamma di reazioni che va da sanzioni economiche più pesanti, fino alla possibilità di scontri armati anche con la NATO, richiamata dai paesi ex comunisti. Viceversa se non interviene per Putin la sconfitta morale e politica avrebbe ovvie ripercussioni interne, anche in una situazione politica fortemente limitata come quella russa. Ancora una volta la soluzione immediata non esiste, ma occorre fare decantare la situazione permettendo al governo di Kiev di riprendere il pieno controllo e la sovranità sui propri territori, per poi avviare una riforma dello stato in senso federalista, che possa salvaguardare le differenza presenti nel paese senza offendere il governo centrale. Ma non è detto che questa soluzione sia gradita ai disegni ed alle mire geopolitiche di chi è realmente dietro la questione: Russia e Stati Uniti.

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