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lunedì 7 aprile 2014

Le elezioni ungheresi mettono in pericolo l'Europa

A poco più di un mese dalle elezioni europee, la vittoria del partito populista, ed antieuropeo, ungherese alza la preoccupazione per il possibile risultato del voto. Non che questa affermazione non fosse attesa, come quella dell’estrema destra alle amministrative francesi, ma l’impressione è che Bruxelles attenda ormai l’avanzata populista ed anti UE con una rassegnazione che non lascia intravedere niente di buono per il futuro dell’Europa unita. La conferma di Viktor Orban, in Ungheria, rappresenta bene quello che potrà succedere in una istituzione che non ha saputo produrre i giusti anticorpi per evitare questo contagio, arroccandosi dietro ad inutili procedure burocratiche e, soprattutto, sacrificando la solidarietà tra gli stati, in nome del rigore voluto da Berlino. La politica messa in campo da Orban è un insieme di misure populiste mischiate a derive autoritarie, che hanno compromesso il ruolo delle istituzioni di controllo, come la Corte costituzionale, scientificamente depotenziata, l’occupazione strategica della magistratura ed, infine, l’instaurazione di una censura in netto contrasto con le norme UE. La vittoria elettorale, peraltro è stata viziata da un sistema costruito ad arte per favorire il partito di maggioranza, consegnandogli praticamente la maggioranza del potere del paese. Si è assistito all’instaurazione di una oligarchia che obbedisce al capo politico e ne fa i suoi interessi. Le violazioni dei diritti, effettuate con leggi dello stato, hanno creato apprensione non solo in Europa, ma anche negli USA, tuttavia dalla UE non è mai arrivata lacuna sanzione che potesse pregiudicare questo processo degenerativo nel cuore del vecchio continente. Bruxelles si è dimostrata debole e non ha saputo sanzionare l’Ungheria, risultando una istituzione incapace di fare rispettare i principi stessi per cui è nata. L’assenza di misure normativa in grado di contrastare questi episodi, che si annunciano sempre più frequenti, pone grossi interrogativi su come potrà essere la UE prossima ventura. L’amara constatazione è che si usino misure coercitive pesanti per i valori economici, ma che altrettanta fermezza manchi quando si tratta di rispettare i valori assoluti presi come riferimento e cioè il rispetto dei diritti civili e democratici, che dovrebbero essere alla base, anche come requisiti minimi, per fare parte dell’Europa. Questa lacuna, che sta diventando sempre più evidente, potrebbe essere usata come elemento di comodo dai paesi più forti, sia politicamente, che economicamente, per favorire all’interno della UE, condizioni sempre peggiorative per il lavoro, che potrebbero favorire una delocalizzazione su distanze minori. L’abbattimento ulteriore del costo del lavoro sullo stesso continente europeo, che è già un fenomeno diffuso, permetterebbe ai grandi produttori di diminuire i costi logistici ed aumentare il controllo diretto (si pensi all’esigua distanza tra Germania ed Ungheria). Se questa volontà dovesse affermarsi l’impoverimento della classe produttrice sarebbe inequivocabile, sia a livello di personale dipendente, che di ceto imprenditoriale di basso o medio livello operante nei settori dell’indotto delle grandi multinazionali. Un sacrificio delle libertà civili a favore dell’incremento della produzione sarebbe però un obiettivo di brevissimo periodo, che sconterebbe il grande costo futuro sul medio e sul lungo periodo. Il costo sociale, infatti, sarebbe ingentissimo e la mancata redistribuzione del reddito, sia a livello diretto, che per i servizi, settore abitualmente soggetto a tagli per finanziare provvedimenti populisti, vanificherebbe il guadagno immediato delle grandi imprese. Per evitare ciò è necessario formulare criteri rigidi e sanzionatori per evitare derive come quella ungherese, al fine di assicurare il rispetto dei diritti di base. Prevedere perfino l’espulsione di quelle nazioni che non si adeguano agli standard europei in tema di libertà, elementi che dovrebbero essere ormai acquisiti, non deve essere considerata una ipotesi peregrina, ma una salvaguardia per tutto il sistema UE.

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