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martedì 22 aprile 2014

Le pressioni diplomatiche USA sulla Russia

La visita in Ucraina di Joe Biden, il Vice presidente USA, intende dimostrare in modo chiaro l’appoggio incondizionato che l’amministrazione di Washington fornisce a Kiev. Si tratta di un segnale particolarmente eloquente diretto alla Russia, che ha lo scopo di provocare un diverso atteggiamento di Mosca dell’influenza che sta esercitando in modo diretto ed indiretto sui territori orientali dell’Ucraina. Questa visita si svolge in concomitanza con le trattative di Ginevra, che non stanno registrando particolari progressi. Il Cremlino continua a non riconoscere il governo di transizione che si è instaurato a Kiev dopo la caduta e la fuga di Yanukovich e questo elemento sta alla base nella politica che la Russia sta conducendo nei territori orientali di Kiev. Non riconoscere il nuovo governo ucraino significa avere una sorta di alibi legale per agire in aiuto dei filorussi. Per gli USA contrastare questa tattica significa impegnarsi in prima persona con le proprie personalità più importanti, ed è proprio in questa ottica che la visita a Kiev della seconda carica statunitense deve essere collocata. L’Ucraina però è in una situazione tutt’altro che stabile, sia per l’incertezza interna, che verosimilmente proseguirà fino al prossimo appuntamento elettorale, sia per le pressioni russe, che mirano sempre più a smembrare il territorio di Kiev, con la ripetizione dello schema praticato in Crimea. La strategia di contrasto americana si basa su due linee essenziali: il pieno sostegno all’evoluzione istituzionale ucraina, che deve compiersi attraverso le elezioni ed una riforma costituzionale e l’isolamento internazionale della Russia. Per la Casa bianca è importante che per il mondo diplomatico passi il messaggio della convinzione americana circa l’integrità territoriale, l’unità del popolo e lo sviluppo democratico del paese ucraino, da contrapporre alle violazioni russe del diritto internazionale, dell’ingerenza negli affari interni di uno stato sovrano e di pratiche tese ad influenzare lo scenario attraverso l’impiego di mezzi militari, spesso non riconoscibili. La visita di Biden servirà a dare rilievo internazionale al governo ucraino e ad assicurare una qualche forma di indipendenza economica ed energetica dalla Russia, ragione ulteriore di pressione che Mosca esercita su Kiev. Gli USA hanno già fornito all’Ucraina un prestito di 1.000 milioni, nella convinzione che questa crisi sia di natura diplomatica anziché militare. In realtà l’invasione della Crimea e l’ingresso di uomini di Mosca nei territori orientali sembra rappresentare uno scenario opposto a quello prefigurato da Obama, che ha come obiettivo proprio quello di mantenere i contrasti all’interno del recinto diplomatico, evitando il confronto militare. Ora questa intenzione, pur lodevole, appare in chiaro contrasto con gli sviluppi sul terreno; il Presidente degli USA non desidera, logicamente, essere coinvolto in una campagna militare nel cuore dell’Europa, neppure in maniera indiretta, malgrado le sollecitazioni provenienti dai paesi che erano parte del Patto di Varsavia ed ora fanno parte della NATO. La presenza di Biden serve anche ad alzare il livello del confronto diplomatico cercando di sedare pericolose scivolate verso un affronto più muscolare. Tuttavia è stata presa in considerazione l’ipotesi di esercitazioni militari della NATO al confine con l’Ucraina, si tratterebbe, per ora, di una soluzione estrema, che gli strateghi di Washington vogliono usare come ultima possibilità nel caso le misure alternative non dovessero sortire effetto. Chiaramente uno sviluppo della situazione in quella direzione alzerebbe la tensione ben oltre i limiti toccati fino ad ora; proprio per evitare questo scenario gli Stati Uniti avrebbero già preparato nuove sanzioni economiche contro la Russia, per obbligarla ad esercitare la propria influenza sui filorussi in maniera deterrente contro gli attuali comportamenti verso il governo ucraino. Questo nuovo pacchetto di sanzioni non conterrebbe, però, misure contro il settore energetico russo, che rappresenta la punta più elevata dell’economia di Mosca; questa determinazione rappresenta così un ulteriore elemento dell’intenzione di ridurre la pressione sulla Russia e ricondurre la questione entro i canali diplomatici. Obama opta per una linea sostanzialmente morbida, tesa ad affermare le ragioni del diritto internazionale ed a non provocare inutilmente Mosca, dove la posizione degli USA, pur importante, pare quasi di retroguardia, mentre invece è di primaria importanza nel tentativo di non fare degenerare la situazione creata. A questo punto il solo augurio possibile è che Putin segua il Presidente americano su questa condotta.

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