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mercoledì 28 maggio 2014
Le elezioni egiziane prolungate per scarsa affluenza
Nonostante l’esito scontato, la scarsa affluenza alle elezioni per il presidente egiziano, rischia di inficiare la vittoria dell’uomo delle forze armate Al Sisi. Il candidato dei militare sperava in una sorta di plebiscito per legittimare la sua ascesa al potere, che proviene da un colpo di stato e da un periodo di feroce repressione, che ha meritato anche la condanna degli Stati Uniti. Nelle passate elezioni, quelle che portarono al potere il candidato dei Fratelli Musulmani, organizzazione ora fuori legge, Mursi, l’affluenza si attestò intorno al 51%,mentre dopo i due giorni fissati per l’attuale consultazione il dato dei votanti sarebbe fermo al 37%. Questo valore, ritenuto estremamente basso per giustificare una elezione voluta dalla maggior parte del popolo egiziano, ha indotto le istituzioni del paese a prolungare di un giorno la tornata elettorale, giustificandola con l’ondata di caldo che ha investito il paese e che impedirebbe agli elettori egiziani di recarsi alle urne. In realtà si tratta di una pietosa bugia per nascondere il fallimento di elezioni non sentite dalla popolazione, politicamente molto divisa ed alle prese con una crisi economica che si trascina dai tempi di Mubarak. Per Al Sisi il problema della legittimazione democratica vale sia sul fronte interno, che su quello internazionale. Una elezione con valori molto più alti, erroneamente attesi dall’establishment militare, avrebbe potuto permettere il definitivo isolamento dei Fratelli Musulmani, che, malgrado siano stati decapitati nei loro vertici e messi fuori dalla legge, detengono ancora una notevole capacità di influenzare la politica egiziana; infatti sono ritenuto la causa principale della scarsa affluenza alle urne, dove la mancanza di una o più liste confessionali, è ritenuta un ostacolo alla partecipazione al voto. Un affluenza inferiore a quella che ha eletto Mursi, pone Al Sisi in posizione di netto svantaggio sulla scena politica e costringerà l’esercito ha continuare le proprie pratiche repressive per imporre il potere dei militari. Anche gli esponenti laici, che in un primo momento appoggiavano la presa del potere contro i fondamentalisti islamici, sono stati poi emarginati proprio per la richiesta di una maggiore legalità e non possono riconoscersi in una elezione del genere. Neppure la presenza di un candidato della sinistra, Hamdeen Sabbahi, che tra l’atro ha denunciato intimidazioni e violenze a danno dei propri sostenitori anche all’interno dei seggi elettorali, ha fatto muovere i potenziali elettori, sia perché non volevano avvallare un esito ampiamente previsto, sia perché temevano violenze ed, infine, sia per la certezza di brogli. Il candidato della sinistra è stato accusato anche da componenti della sua parte politica di essere soltanto un partecipante di facciata ad elezioni niente affatto democratiche. Sul piano internazionale, se la destituzione dei Fratelli Musulmani, colpevoli di estremismo e di autoritarismo in nome della religione, era stata salutata in modo positivo all’inizio, i metodi brutali delle forze armate avevano reso inviso alla comunità internazionale, specialmente quella occidentale, Al Sisi, che era dovuto andare sino in Arabia Saudita ed in Russia per cercare legittimazione internazionale. Un risultato più eclatante, anche solo in termini di partecipazione avrebbe potuto mitigare questa sensazione e riaprire canali di comunicazione indispensabili per il settore dell’economia egiziana, strumento essenziale per limitare la contestazione. L’esercito e la parte politica favorevole ad Al Sisi hanno usato anche le minacce per i mancati elettori sotto forma di sanzioni, ma neppure queste hanno sortito l’effetto sperato, ed il risultato è quello di un personaggio che fatica a convincere una opinione pubblica ormai pienamente diffidente della politica. In effetti parlare di democrazia attualmente in Egitto, soltanto perché si svolgono le elezioni, appare una forzatura: il paese non riesce ad uscire dall’impasse della fine della dittatura di Mubarak e passa da un assolutismo, quello religioso dei Fratelli Musulmani, ad un altro, quello militare di Al Sisi, senza soluzione di continuità, mettendo in risalto l’incapacità cronica di un paese di trovare una via verso un assetto di tipo democratico, a causa dei troppi condizionamenti del passato e di una forza preponderante, le forze armate, che non intendono a rinunciare al loro ruolo di ago della bilancia della nazione.
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