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giovedì 8 maggio 2014
L'elezione del presidente del Libano come fattore influente della guerra siriana
Il Libano rischia il vuoto di potere nella carica del Presidente della Repubblica; l’attuale mandato scadrà il prossimo 25 maggio, ma fino ad ora non si intravvedono soluzioni che possano permettere alla carica di essere ricoperta in tempo utile. L’ultima consultazione doveva essere ieri, ma la mancanza del numero legale, per l’assenza di 60 deputati, dovuta la boicottaggio degli esponenti di Hezbollah, ed in generale dei sostenitori siriani, ha provocato il rinvio dell’elezione al 15 maggio prossimo. Ma anche per tale data, molto vicina alla scadenza naturale del mandato, un accordo appare difficile. Secondo la costituzione libanese vi è una rigida divisione delle cariche istituzionali in base all’appartenenza religiosa, questo per favorire una pacifica convivenza tra i seguaci delle diverse fedi che popolano il paese. Se il Presidente della repubblica spetta ai cristiano maroniti, il capo del governo è appannaggio dei musulmani sunniti ed il capo dell’Assemblea nazionale, il potere legislativo, tocca ai musulmani sciti. La guerra siriana, anche se non è dilagata nel paese dei cedri, ha esasperato le già profonde differenze politiche tra le tendenze confessionali. Sciti e sunniti sono divisi, anche dall’appoggio pratico e materiale, in pro e contro Assad, mentre i cristiani sono addirittura in contrasto al loro interno, a causa della differente interpretazione del dittatore siriano, visto da alcuni come un protettore della religione cristiana in Siria, visuale contrapposta a quella che lo identifica come un dittatore che nega i diritti politici e civili e governa tramite la violenza. Circa l’elezione del presidente della repubblica le forze politiche libanesi si dividono in due grossi blocchi contrapposti: Hezbollah e sostenitori di Assad da una parte ed il Movimento del futuro, il partito delle Forze Libanesi e le Falangi libanese dall’altra. Per il paese la situazione non è nuova, dato che si è già verificata nel 1998 e nel 2007 a causa dei delicati equilibri istituzionali, messi in pericolo dal serrato confronto interno a causa delle dinamiche derivanti dalla guerra siriana. L’attuale impasse sarebbe causata proprio dalla strategia dei filo siriani che cercano di non fare eleggere il candidato del Movimento del 14 marzo, appartenente al Movimento per il futuro, Samir Geagea, ex protagonista della guerra civile e mettere così pressione alla alleanza anti siriana per cercare un candidato di maggior consenso. Il risultato potrebbe determinare un minor peso per i cristiani costretti a proporre una candidatura di minore peso politico e che quindi ne indebolirebbe la parte politica di provenienza. Attraverso il boicottaggio messo in atto dai filo siriani si cercherebbe, di conseguenza, di indebolire tutta la parte anti siriana per avere un maggiore controllo degli aiuti a favore dei ribelli siriani per limitarli e favorire l’azione di appoggio ad Assad. Tuttavia questa strategia può rivelarsi molto pericolosa in un paese molto instabile e sempre in bilico tra la governabilità e la guerra civile; intaccare la prassi costituzionale libanese potrebbe accelerare una ripresa del confronto armato interno tra le parti avverse, in un territorio a diretto contatto con u paese tormentato dalla guerra civile, dove per uno dei protagonisti, Assad, il coinvolgimento libanese potrebbe significare un grosso aiuto alla propria causa. La questione, a parte le ovvie implicazioni umanitarie, non è da sottovalutare per la contiguità territoriale di Israele, che, a quel punto, potrebbe ritrovarsi impegnato a difendere il proprio territorio dagli estremisti islamici e quindi intervenire, seppure indirettamente, a favore del regime di Damasco. Per Tel Aviv Assad ha sempre rappresentato il male minore, perché ha sempre assicurato la tranquillità con la frontiera siriana e non è escluso che Damasco possa fare leva su questo argomento nel caso di un avanzamento degli integralisti musulmani. Con questa ottica il coinvolgimento del Libano nella guerra siriana potrebbe andare, quindi a vantaggio di Assad. Per questa ragione l’elezione del Presidente libanese assume significati che vanno ben aldilà dell’aspetto di politica interna.
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