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mercoledì 2 luglio 2014

Israele cerca una alleanza con i Curdi

In un medio oriente sempre più scosso da guerre, tensioni e forte senso di instabilità, la proposta di Netanyahu, a favore della creazione di uno stato curdo indipendente, assume un elemento strategico nella politica estera israeliana e può diventare un fattore, seppure parziale di stabilizzazione dell’area. Israele abitualmente è molto cauto ad esprimersi sulle questioni dei paesi mediorientali ed arabi, preferendo mantenere un basso profilo, che impedisca l’occasione di accusare Tel Aviv di ingerenza. Inoltre, la questione curdo turca è molto delicata, perché va a toccare gli interessi della Turchia, con la quale i buoni rapporti sono ormai un ricordo. Anche gli Stati Uniti, maggiore alleato israeliano, si sono sempre espressi, probabilmente sbagliando tattica, per un Iraq indivisibile, malgrado le difficoltà di convivenza tra le parti del paese. Nonostante questa impostazione Washington ha favorito l’autonomia curda nel paese irakeno, anche in virtù dell’aiuto dato dai combattenti curdi all’esercito americano durante la guerra con Saddam; tuttavia, per una visione, forse limitata, della politica nella regione ed anche per non andare contro agli interessi turchi, partner essenziale della NATO nell’area, la Casa Bianca non si è mai espressa in favore di una autonomia statale del popolo curdo. Con queste premesse, specialmente in materia di politica estera, risulta ancora più sorprendente il sostegno di Israele alla creazione di un Kurdistan indipendente, anche contro le intenzioni di Washington. L’elemento di novità nella politica estera di Tel Aviv pare giustificato nella necessità di avere nuovi alleati per Israele all’interno dell’area mediorientale, che si sta caratterizzando per una pericolosa involuzione verso l’estremismo islamico. Del resto anche i curdi non sono ben visti dai governi arabi o musulmani e rappresenterebbero un alleato ideale per il paese israeliano. Per i curdi si tratta di un riconoscimento importante, che può mettere al centro delle discussioni diplomatiche, la necessità della creazione tanto agognata dello stato del Kurdistan. Certamente questa proposta incontrerà l’opposizione sicura di Turchia ed Iran, accrescendo le distanze dei due paesi da Tel Aviv, ma rappresenta una proposta ragionevole per una etnia divisa in maniera sbagliata dalla divisione miope del colonialismo europeo, che ha saputo, quando ne ha avuto occasione, dimostrare buone capacità di organizzazione e governo. A livello diplomatico la netta presa posizione di Israele rappresenta una novità e potrebbe essere l’inizio di una nuova interpretazione sulla scena internazionale, tesa anche ad uscire dall’isolamento per la questione palestinese. Il premier israeliano ha affermato che tra israeliani e curdi è già intercorsa, fin dagli anni 50 dello scorso secolo, una collaborazione a livello informale, che potrebbe, a questo punto essere sancita in maniera ufficiale. Questa impostazione potrebbe anche costringere gli USA a sbilanciarsi in favore di uno stato curdo, anche solo limitato alla zona irakena, mettendo sulla scena diplomatica tutta l’autorevolezza di Washington. In una prospettiva di contenimento dell’avanzata estremista sunnita questo fatto presenta, però una duplice lettura: se si considera il Kurdistan un argine contro l’integralismo, al di fuori di alleanze con gli storici nemici degli arabi, per la NATO può essere una occasione di avere un appoggio sicuro, viceversa, una alleanza ufficiale con Israele, potrebbe fare diventare i curdi un sicuro bersaglio, un simbolo da attaccare per gli estremisti; questo obbligherebbe gli USA ad un impegno in prima persona a difesa della nuova entità statale. In ogni caso si tratta di scenari futuri, che potrebbero essere ancora lontani, qui, per il momento, preme considerare la novità, in campo diplomatico di Israele, che con questa mossa potrebbe dare una direzione diversa alla propria politica estera nell’area limitrofa, in chiave di autodifesa anche sul piano politico, oltre che su quello militare.

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